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Barolo e Barbaresco diventeranno marchi collettivi d’impresa

Barolo e Barbaresco diventeranno marchi collettivi d’impresa

By Redazione

 

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sosterrà a livello finanziario con un adeguato contributo la richiesta di registrazione di Barolo e di Barbaresco
come marchi collettivi d’impresa, l’importante risultato raggiunto dal Consorzio Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero nell’ultimo scorcio del 2008.

Tra i suoi compiti istituzionali, il Consorzio annovera, oltre alla gestione e promozione delle denominazioni di origine, anche quello di tutela e controllo. Fino ad oggi l’ente
consortile aveva adottato misure puntuali, intervenendo con appropriate azioni ogni qualvolta si è reso necessario difendere il buon nome dei vini tutelati, senza avviare,
però, strategie preventive.

Negli ultimi anni ci sono stati numerosi tentativi di plagio e usurpazione di nomi di denominazioni poste sotto la tutela del Consorzio. Il 9 maggio 2002, per esempio, la Days Medical
Aids Limited aveva presentato all’Ufficio Centrale dei Marchi Comunitari (UAMI) una domanda per la registrazione del marchio “Barolo”, destinato a contraddistinguere
“apparecchi e attrezzature per mobilità destinati a disabili e a persone con mobilità ridotta” e aveva anche iniziato a pubblicizzare sul suo sito web uno
scooter chiamato “Barolo”. Dopo che l’UAMI ha ammesso, ritenendolo fondato e rituale, il ricorso presentato dal Consorzio, la Days Medical Aids Limited, ha
riconosciuto non ortodossa la sua domanda di registrazione del marchio “Barolo” e vi ha rinunciato.

Situazioni simili si sono verificate a fronte della richiesta di registrazione del marchio comunitario nominativo e individuale “Barolo” per la produzione di mobili, specchi
e cornici da parte della ditta polacca BN Office Forniture e, ancora, nel caso di una ditta messicana che commercializzava un vino etichettato “Albarolo”, prodotto, secondo
le indicazioni riportate in controetichetta, con uve Nebbiolo.

All’inizio del 2008, pertanto, il Consorzio ha deciso di avviare un percorso volto a creare un sistema di salvaguardia delle denominazioni giuridicamente ineccepibile anche a
livello internazionale.

Il marchio collettivo (artt. 11 e 12 del Codice della proprietà industriale) ha essenzialmente una funzione di garanzia qualitativa. Assicura che il prodotto o il servizio
contrassegnato abbia determinate caratteristiche in relazione a tre elementi fondamentali: l’origine, la natura, intesa come qualità che un prodotto deve avere in base alle
materie prime utilizzate, e la qualità, espressa nel regolamento d’uso.

Il marchio collettivo, diversamente da quello d’impresa, può contenere indicazioni relative alla provenienza geografica, poiché garantisce qualità connesse a
fattori storici, geografici e ambientali. Quale marchio di qualità, riveste la duplice natura di segno di identità e distinguibilità – come pure di origine da un
territorio dichiarato e garantito – e di garanzia per il consumatore.

Il soggetto – individuale o collettivo – cui è concesso, assume la funzione di garante della provenienza e/o della qualità. Alla domanda di registrazione, dunque, viene
allegato un regolamento che prevede modalità di utilizzo del marchio, possibilità di effettuare controlli, sanzioni in caso di uso non corretto.

Oltre a danneggiare l’immagine alle denominazioni, la contraffazione provoca gravi danni economici alle imprese che ne sono vittime, nuoce ai consumatori che possono vedere messa
a repentaglio la loro salute e genera ingenti perdite nelle entrate fiscali dello Stato. L’esigenza di tutelare le denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari da usi
impropri e fraudolenti esiste in Europa da oltre un secolo: il primo riferimento legislativo in tal senso è la Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà
intellettuale del 1883.

Il Marchio Collettivo d’Impresa, in quanto strumento giuridico che riconosce ai prodotti lo status di patrimonio culturale tradizionale, economico e sociale, è basato sul
concetto che un territorio non appartiene solo ai produttori, ma a tutta la collettività che in esso si riconosce e che la sua tutela si deve esplicare sia a livello nazionale,
sia internazionale.

 

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