Ricerca Italiana biotech e red biotech contro il cancro e le malattie gravi

18 Marzo 2019
Due dati, significativi per avere un’idea dello stato della ricerca made in Italy: l’anno scorso l’American Society for Clinical Oncology (ASCO) ha premiato 11 ricercatori italiani, 7 però lavorano all’estero; nel bando 2018 del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) l’Italia si è posizionata al secondo posto per numero di grant/finanziamenti ottenuti, però prima nella classifica che evidenzia il numero di ricercatori che lasciano il proprio Paese.
Cosa vuol dire? Che l’impegno nel biotech, in particolar modo nel red biotech, ovvero quell’ambito dedicato allo sviluppo di applicazioni terapeutiche avanzate per la cura di malattie gravi, è una sfida stimolante.
Ricerca biotech e red biotech contro il cancro e le malattie gravi:
ottimo livello qualitativo della ricerca Made in Italy
Una sfida che da noi si inserisce in un contesto contradditorio e frenante: l’ottimo livello qualitativo della ricerca Made in Italy (siamo ai premi posti in Europa in termini di pubblicazioni scientifiche in campo medico) fatica a reperire in casa i fondi necessari per crescere, progredire se non addirittura sopravvivere.
Ricercatori italiani scappano all’estero
E i ‘cervelli’ scappano oltre confine.
“La ricerca e l’innovazione sono leve imprescindibili per lo sviluppo delle Life Sciences.
Alimentarle e sostenerle significa dare una risposta importante alle grandi problematicità legate alla salute dell’uomo. Va da sé che il successo di un progetto scientifico è direttamente correlato non solo all’ammontare delle risorse finanziarie a disposizione ma anche ad una loro corretta gestione.

Capitali e consulenze strategico/gestionali mirate, questo è quanto mettiamo a disposizione per trasformare una scoperta di laboratorio potenzialmente vincente in un progetto concreto e operativo, con valenza industriale” ha detto Gabriella Camboni, amministratore delegato di BiovelocITA durante la presentazione, a Milano. E’ il primo acceleratore italiano dedicato alle aziende del red biotech, BiovelociITA appunto, che si è assunto il compito di supportare la ricerca medico-scientifica italiana e trasformare i più promettenti progetti di studio in realtà industriali di successo.
Questo acceleratore è stato fondato da Silvano Spinelli, Gabriella Camboni e Sofinnova Partners, società di Venture Capital leader a livello internazionale nel settore delle life sciences. BiovelocITA ha raccolto 14,6 milioni di euro dai fondatori, dal fondo Atlante Seed (gestito da Indaco SGR) e da un gruppo di investitori privati italiani coordinati di BANOR SIM e da Banca Profilo. A metà del suo percorso, BiovelocITA investirà nel nuovo portafoglio progetti circa 7 milioni di euro, presentati a Milano e che sono: sviluppo di progetti in oncologia e nel campo delle malattie infettive, in licenza da Istituto Superiore di Sanità e Università Magna Graecia di Catanzaro; partecipazione in una start-up universitaria creata da Università Milano Bicocca.
“Già con il primo portafoglio progetti, completato nel 2016, abbiamo originato due start-up innovative: Enthera, fondata da Paolo Fiorina in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele, dedicata alla cura del diabete e alle malattie gastroenteriche, ha già raccolto 4 milioni di euro da investitori italiani e internazionali; la seconda, creata con Fabrizio d’Adda di Fagagna e IFOM, sarà dedicata alla cura di malattie legate alla senescenza.
Oggi, con il nuovo portafoglio, allarghiamo il nostro orizzonte di collaborazioni con centri di eccellenza un po’ in tutta Italia. Capitali e competenze strategico/gestionali mirate, questo è quanto mettiamo a disposizione per trasformare una scoperta di laboratorio potenzialmente vincente in un progetto concreto e operativo, con valenza industriale”, aggiunge Gabriella Camboni.
Subito dopo, viene gratificata da un annuncio del dottor Maurizio Federico – che con il suo team sta lavorando sui nuovi vaccini terapeutici contro il cancro e le malattie infettive, nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che con BiovelocITA svilupperà un innovativo progetto di studio finalizzato allo sviluppo di una piattaforma di vaccini terapeutici – ovvero che stimolano le difese dell’organismo per rallentare o fermare il progredire della malattia in atto – contro il cancro e le malattie infettive croniche, che potrebbe essere pronto un vaccino antitumorale.
Il progetto è unico nel suo campo, utilizza un vettore a DNA che viene tradotto in una proteina composta dall’antigene di interesse fuso con una “proteina di ancoraggio”, scoperta e caratterizzata in ISS che si incorpora ad alta efficienza all’interno delle vescicole extracellulari naturalmente rilasciate dalla cellula. Il principio innovativo sul quale si basa la tecnologia sviluppata nei laboratori dell’ISS, è quello di sfruttare il fisiologico meccanismo cellulare di rilascio di vescicole extracellulari che vengono ‘caricate’ con gli antigeni grazie alla ‘proteina d’ancoraggio’.
In questo modo, tali antigeni possono essere trasferiti in maniera specifica alle cellule del sistema immunitario, attivando la funzione dei linfociti T citotossici che vanno a eliminare le cellule contenenti lo stesso antigene. BiovelocITA dedicherà allo sviluppo del progetto circa 1,1 milioni di Euro.
C’è, poi, un passo avanti nella lotta alla leucemia con il progetto originato nel laboratorio del professor Pierfrancesco Tassone, ordinario di Oncologia Medica dell’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro, che si prefigge l’obiettivo di attaccare e uccidere le cellule tumorali sfruttando un anticorpo indirizzato verso un nuovo target presente in alcuni tumori sulla proteina CD43, che nella forma comune è espressa da alcune componenti cellulari del sangue.
L’obiettivo è lo sviluppo di una nuova terapia mirata, efficace e sicura, per alcune forme incurabili di leucemia infantile e dell’adulto. BiovelocITA sostiene il progetto con un finanziamento di 800 mila Euro.
Infine, Amypopharma (uno spin-off dell’Università Milano-Bicocca per combattere le amiloidosi), per lo sviluppo di nanoparticelle per la terapia delle amiloidosi, malattie caratterizzate dall’accumulo di materiale proteico fibrillare all’interno di numerosi organi e che sono causa della loro disfunzione in patologie che attualmente non hanno terapie disponibili o, come nel caso dell’Alzheimer, hanno terapie sintomatiche di scarsa efficacia.
Le attività di ricerca di Amypopharma (fondata nel 2015) derivano dal lavoro scientifico (più di 60 pubblicazioni scientifiche specifiche sull’argomento e due brevetti concessi) del gruppo guidato dal professor Massimo Masserini e dalla dottoressa Francesca Re. BiovelocITA entra nella società con un investimento di circa 700 mila Euro.

A questo punto, con un pizzico di orgoglio, interviene il presidente di BiovelocITA, Silvano Spinelli per “ringraziare i ricercatori coinvolti che hanno avuto fiducia in BiovelocITA e le Istituzioni Universitarie e Scientifiche che hanno creduto nelle potenzialità delle loro spin-off e dei loro progetti.
È stato un lavoro di valutazione e selezione lungo, sfidante ma di grande soddisfazione: siamo certi che questo portafoglio progetti produrrà un grande valore, non solo per gli investitori ma anche e soprattutto per i pazienti”.
D’altronde “il semplice valore di produzione della filiera Life Science in Italia è di oltre 200 miliardi di euro, circa 2 milioni di addetti, che insieme al valore aggiunto dell’indotto, corrisponde ad oltre il 10% del PIL nazionale, a testimonianza che i settori della salute rappresentano una componente fondamentale di specializzazione del sistema Paese.
Nonostante quanto già fatto, molto più dirompenti appaiono le prospettive derivanti dalle Life Science applicate non solo al settore salute, ma a qualunque ambito e settore produttivo di ogni società.

Per migliorare ulteriormente l’impatto derivante dalla ricerca, diviene fondamentale sviluppare modalità organizzative fortemente orientate al progetto, in grado di creare network, massa critica e generare innovazione insieme al mondo delle imprese e delle società spin-off”, sottolinea Danilo Porro, Pro-Rettore e Coordinatore Progetti Scientifici dell’Università Milano-Bicocca.
C’è, però, una questione di fondi per la ricerca, che il settore pubblico supporta con finanziamenti più o meno frammentari, spesso a copertura delle fasi più sperimentali e quindi più rischiose dal punto di vista dei possibili ritorni economici. D’altro canto, il privato tende a considerare quasi un azzardo investire capitali in progetti dai processi di crescita lunghi e incerti quali spesso sono quelli inerenti alle Life Sciences. Come evidenzialo dallo studio ‘Il ruolo dell’Ecosistema dell’Innovazione nelle Scienze della Vita per la crescita e la competitività dell’Italia” (presentato da The European Home Ambrosetti nel corso del Tecnology Forum – Life Sciences 2018), ad oggi la quota di investimenti in Private Equity e Venture Capital in Italia per il settore delle biotecnologie è pari a circa 450 milioni di euro. Siamo ben al di sotto dei valori di Francia (2.272 milioni di euro) e Germania (1.819 milioni di euro).
Michele Pizzillo
Newsfood.com