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Obesità: c'entra il bisfenolo A?

By Redazione

L’esposizione, anche a basse dosi, al bisfenolo A, un ingrediente delle plastiche policarbonate usate per certi contenitori in contatto con gli alimenti, durante lo sviluppo attiverebbe i
meccanismi genetici che promuovono l’attività delle cellule adipose, agendo a livello ormonale e attraverso effetti estrogeni. Negli USA, il Bisfenolo A è approvato dalla FDA
(Agenzia di Sicurezza Alimentare americana) per l’uso nei prodotti di consumo e l’agenzia sostiene anche che la quantità di bisfenolo A, che potrebbe essere rilasciata dai prodotti,
è troppo piccola per generare delle preoccupazioni; analoghe conclusioni sono state raggiunte recentemente dall’EFSA. Il programma nazionale di tossicologia (NTP) degli Istituti
Nazionali di Sanità USA (NIH) sta rivalutando il bisfenolo A e le evidenze circa i suoi effetti estrogeni, che hanno spinto i legislatori della California a proporre di vietarlo da
determinati prodotti venduti nello Stato. Questa sostanza è utilizzata, in particolare, nei contenitori per l’acqua riutilizzabili, nei biberon in plastica per i neonati ed in alcune
resine epossidiche che costituiscono la parte interna di barattoli per alimenti. Il bisfenolo A è usato anche come sigillante dentale.

Una serie di studi sugli animali indica che l’esposizione attraverso l’ambiente a certi prodotti chimici largamente utilizzati nel campo alimentare, come il bisfenolo A, potrebbero far
ingrassare in modo irregolare anche l’uomo. Sembra, infatti, che i prodotti chimici, che generalmente sono ritenuti causa di cambiamenti anormali nello sviluppo sessuale degli animali, possono
anche innescare l’attività delle cellule adipose, avviando quel processo che gli scienziati definiscono adipogenesi. I prodotti chimici sotto esame sarebbero quelli usati in prodotti che
vanno dalle vernici usate sulle barche agli antiparassitari (ad esempio i pesticidi), ai contenitori per le bevande e per gli alimenti. Uno studio dei Centri per il Controllo e la Prevenzione
delle Malattie americani (CDC) ha, recentemente, trovato basse quantità di bisfenolo A nei tessuti del 95 per cento delle persone esaminate, però a livelli uguali o al di sopra di
quelli che hanno provocato cambiamenti nello sviluppo negli animali.

I primi sospetti su questi composti sono sorti quando una ricerca dell’Università della California ha scoperto che un distruttore (o interferente) endocrino, la tributiltina, interessa i
meccanismi genetici del sistema riproduttivo. La tributiltina è usata come fungicida marino ed agricolo e come agente antimicrobico nei sistemi industriali delle acque e nella plastica;
questa sostanza può causare anomalie serie all’apparato sessuale negli animali marini. Lo studio rivelava che la tributiltina sembra distruggere le interazioni genetiche che regolano
l’attività delle cellule adipose negli animali. In particolare l’esposizione a questa sostanza aumenterebbe il numero di cellule adipose, in modo da far ingrassare di più e
più velocemente, poiché queste cellule producono più ormone di quello che dovrebbero produrre in condizioni normali. Gli animali esposti, inoltre, rimarrebbero predisposti
all’obesità per tutta la vita. Il bisfenolo A sembra agire in modo simile a questa sostanza.

** Recentemente l’EFSA aveva ritenuto opportuno adottare un fattore di incertezza minore per il livello di assunzione giornaliera tollerabile (TDI) relativo a questa sostanza, sulla base di
certi studi secondo cui il bisfenolo A verrebbe metabolizzato dall’uomo più rapidamente che nei roditori utilizzati negli esperimenti. Sono invece altri studi, che l’EFSA non aveva
considerato in quanto ritenuti non riproducibili o robusti dagli esperti, a far ritenere il bisfenolo A dannoso per la salute. Anche alla luce delle indicazioni di questi studi americani, e dei
livelli di esposizione, sembra chiaro che c’è ancora grande incertezza su questa sostanza, per cui un approccio più prudente da parte delle autorità, anche europee, sarebbe
indubbiamente consigliabile.

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