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I salari per i giovani italiani sono i più bassi d'Europa

By Redazione

“Occorre che il reddito torni a crescere in modo stabile, la produttività è la variabile chiave” questo è il monito che il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, la
lanciato durante una lezione alla facoltà di economia dell’Università degli studi di Torino nel corso della quale ha analizzato l’attuale scenario italiano ed ha definito alcune
possibili risposte di politica economica.

Draghi, in particolare, ha sottolineato che, se è vero che nell’ultimo periodo è aumentata l’occupazione, è anche vero che parallelamente è calata la
produttività del lavoro: “E’ diminuito il ritmo di crescita dell’intensità di capitale, sono divenute profittevoli occupazioni a basso valore aggiunto – ha spiegato il governatore
– È mancato il sostegno della crescita della produttività totale dei fattori”.

Un fatto rilevante è che i giovani guadagnino meno delle passate generazioni: “I diplomati o laureati entrati nel mercato del lavoro negli anni più recenti – ha spiegato Draghi –
percepiscono, in termini reali, una retribuzione prossima a quella che ricevevano coloro che entravano nel mercato del lavoro all’inizio degli anni Ottanta e inferiore a quella di coloro che
entravano nei primi anni Novanta”.

Questo si spiega considerando il fatto che “la produttività [delle nuove generazioni] è meno adeguata al paradigma tecnologico corrente di quanto non lo fosse la
produttività delle generazioni entrate nel mercato del lavoro nei decenni passati al vecchio paradigma”.
Draghi, inoltre, ha sottolineato che i giovani italiani guadagno meno di tutti i loro colleghi europei: “Secondo dati dell’Eurostat relativi alle imprese dell’industria e dei servizi privati
nel 2001-02 – ha osservato – la retribuzione media oraria era, a parità di potere d’acquisto, di 11 euro in Italia, tra il 30 e il 40 per cento inferiore ai valori di Francia, Germania e
Regno Unito”.
“A parità di caratteristiche individuali – ha continuato il governatore – le retribuzioni mensili nette italiane risultano in media inferiori di circa il 10 per cento a quelle tedesche,
del 20 a quelle britanniche e del 25 a quelle francesi”.
Anche Draghi, poi, ha affrontato il problema di quelli che Padoa Schioppa ha definito “bamboccioni” (cioè i trentenni che vivono con i genitori), spiegando che questa bassa propensione a
lasciare la famiglia si motiva con “la percezione di un minor reddito permanente e la maggiore volatilità di quello corrente”: “Nel confronto europeo – ha rilevato Draghi – l’Italia
è il paese con la quota più alta di giovani che convivono con i genitori e con la quota più bassa di nuclei familiari con capofamiglia al di sotto dei 30 anni. Negli ultimi
dieci anni la quota di giovani tra i 25 e i 35 anni che vive ancora nella famiglia d’origine è cresciuta di circa cinque punti percentuali, al 45 per cento; la quota è più
elevata per i maschi che per le femmine. I tassi di fecondità sono tra i più bassi in Europa”.

Ne consegue che il problema di offerta dell’economia italiana possa essere risolto aumentando la produttività, da cui deriveranno aumenti retributivi e il potenziamento della domanda
interna.
Inoltre, secondo il governatore di Bankitalia, sono necessarie misure strutturali che possano “riformare le regole dell’economia e della spesa pubblica” in modo da “sostenere i redditi e i
consumi delle famiglie, assicurando la crescita dell’economia”.
Per quanto concerne la spesa pubblica, Draghi ha spiegato che deve agire in tre ambiti: l’istruzione, il mercato del lavoro e le pensioni. In primo luogo, dunque, serve “una coraggiosa riforma
del sistema d’istruzione, e in particolare dell’istruzione superiore” volta a “sollecitare i giovani in procinto di affacciarsi sul mercato del lavoro a investire seriamente in capitale umano”.

Sul mercato del lavoro, invece, è necessario determinare “gli strumenti per ripartire più equamente i costi derivanti dalla maggiore flessibilità” e in materia di
pensionamento deve essere effettivamente innalzata l’età: in questo modo sarà possibile “ricostruire l’equilibrio fra attesa di vita, attività lavorativa e modelli di
consumo”.

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