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Cia Basilicata: un nuovo modello per lo sviluppo del settore lattiero-caseario

By Redazione

Un patto tra allevatori-produttori di latte e aziende di trasformazione del latte per la costruzione della filiera lucana lattiero-casearia, è la proposta presentata dalla Cia della
Basilicata che ha tenuto a Potenza un’Assemblea regionale con la presenza degli assessori regionali Roberto Falotico (Agricoltura) e Vincenzo Folino (Attività Produttive), del presidente
regionale della Cia Donato Distefano, del vicepresidente Paolo Carbone e di Umberto Borelli, responsabile nazionale Ufficio zootecnia della Cia.

Nell’arco di 10 anni le aziende zootecniche sono passate da 2.500 a 1.040 (dati campagna 2006/2007). Un abbandono che ha riguardato in particolare le aree interne (Val d’Agri, Marmo, Melandro e
Alto Basento). A fronte di questo sconvolgete cambiamento (che pone problemi di natura economica ma soprattutto sociali, di difesa e salvaguardia del territorio), la capacità produttiva
è cresciuta: la Basilicata è l’unica regione meridionale che ha aumentato i diritti a produrre (quote latte); la produzione è aumentata di circa 100.000 quintali. Il
comparto ha una produzione lorda vendibile pari a circa 46 milioni di euro (30 per cento della Plv. zootecnica e 12 per cento Plv agricoltura) ed assorbe oltre 3.000 occupati (senza considerare
l’indotto)

La media produttiva per azienda è passata da 450 quintali del 1996 ai 1.100 quintali del 2006 (mediamente ciascuna azienda ha investito solo in acquisizione di “quote latte” circa 15.000
euro).

Luciano Sileo, responsabile zootecnia della Cia di Basilicata, nella relazione, ha citato i dati più significativi per dimostrare che il latte lucano, è sul versante della
qualità, fortemente competitivo: se 10 anni fa le aziende che producevano latte di “alta qualità” si potevano contare sulle dita di una mano, oggi ben 230.000 quintali di latte
lucano (21 per cento della produzione regionale) ha come destinazione lo stabilimento Granarolo per la produzione dell’Alta Qualità: 133.000 quintali (12 per cento) con destinazione
caseifici della Puglia, 250.000 quintali (22 per cento) finiscono per produzioni di elevato pregio e dall’alto valore aggiunto a caseifici della Campania, 50.000 quintali sono trasformati
direttamente dalle aziende di allevamento ed alimentano il segmento della “vendita diretta”; 490.000 quintali hanno come destinazione i caseifici lucani che, per soddisfare le proprie esigenze,
ricorrono all’acquisto di partite di latte dall’Italia del Nord o da altri paesi europei ed all’importazione di paste semilavorate.

Le aziende zootecniche che ancora oggi continuano a produrre -ha detto Sileo- sono, certamente, quelle più efficienti e maggiormente orientate al mercato e la cui crescita, registrata in
questi difficili anni, è un segnale di fiducia nella tenuta del settore. Uno degli elementi di maggior debolezza del settore primario è costituito dalla crisi di
redditività degli allevamenti, causata da un lato dall’aumento dei costi di produzione (compreso gli investimenti per l’adeguamento alle norme sulla “condizionalità”) e,
dall’altro, dalla scarsa remunerazione del prezzo del latte. Il prezzo del latte alla stalla non ha consentito e non consente -anche alla luce dell’ultimo accordo che ha fissato il prezzo a 42
centesimi IVA per litro- un recupero accettabile dei costi di produzione. Permangono forti storture e gravosi squilibri nell’ambito della filiera, non risolvibili attraverso l’elevazione del
livello di conflittualità tra produzione e trasformazione.

Se analizziamo l’intera filiera produttiva (produzione-trasformazione-distribuzione), la ripartizione del totale del valore in euro realizzato registra un graduale ma continuo ridimensionamento
del valore della materia prima agricola sul valore complessivo del prodotto finale; non solo, anche la fase collegata della trasformazione ha visto negli ultimi anni erodere progressivamente il
proprio margine a favore del segmento della distribuzione.

In particolare, la Grande distribuzione (ipermercati, supermercati) – anche nella nostra regione – ha acquisito una forte capacità organizzativa accompagnata da un’ eccessiva forza
contrattuale che – se non attentamente regolata – rischia di comprimere economicamente e socialmente quel grande patrimonio rappresentato dalla produzione agricola e dalla trasformazione
locale.

Il problema per il mondo agricolo, come per quello della trasformazione -ha evidenziato Borelli- è quello di individuare le scelte e le strategie più opportune per incamerare, o
quanto meno salvaguardare, una quota significativa del valore finale del prodotto. Dalla Basilicata può, dunque, partire un “modello” interessante di filiera da esportare in altre
realtà. Infatti, se per la realtà lucana, il successo della zootecnia da latte e l’affermazione delle eccellenti produzioni casearie sono strettamente legate alla consapevolezza,
alla volontà ed alla determinazione che gli allevatori ed i trasformatori saranno capaci di esprimere nel “fare sistema”, il nostro progetto -ha aggiunto Borelli- è di coinvolgere
l’intero sistema lattiero-caserio. “Fare Sistema” è la parola d’ordine che dovrà guidare le scelte programmatiche e l’azione istituzionale nei prossimi anni al fine di consegnare
al “dopo 2013” un settore agricolo ed un comparto agro-alimentare nelle migliori condizioni per affermarsi nei mercati e vincere la sfida della competitività.

Da parte degli assessori regionali Falotico e Folino sono venuti “grande interesse e disponibilità a sostenere il progetto”.

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