Alimentare: le famiglie italiane tagliano i consumi
10 Ottobre 2007
Roma – La spesa alimentare delle famiglie italiane cresce in valore, ma cala in quantità, crollano, infatti, i consumi di pane (meno 5,6 per cento), di pasta (meno 4,8 per cento),
di carne bovina (meno 3,9 per cento) e suina (meno 5,7 per cento), di frutta (meno 3,2 per cento), di ortaggi (meno 1,4 per cento), di latte (meno 3 per cento).
A lievitare, invece, sono gli euro spesi per gli acquisti: si registra, in media, un aumento dei prezzi tra il 5 e l’8 per cento. A segnalarlo è la Cia-Confederazione italiana
agricoltori anche sulla base dei dati dell’Osservatorio consumi Ismea-ACNielsen dei primi sette mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2006.
Il quadro che emerge -avverte la Cia- è preoccupante. Davanti alla lievitazione dei prezzi dei prodotti agroalimentari di largo consumo, le famiglie italiane sono state costrette a
tagliare gli acquisti. Nonostante ciò, però, gli euro spesi per la tavola sono continuati a crescere.
La spesa mensile necessaria ad imbandire le tavole degli italiani si è attestata a luglio scorso sui 3.381 milioni di euro, con una crescita intorno al 5 per cento rispetto allo stesso
mese del 2006.
Aumenti significativi dei prezzi -sottolinea la Cia- si registrano per i derivati dei cereali (più 5,2 per cento), della carne (più 5 per cento), dei salumi (più 4, 8 per
cento), delle uova (più 4,7 per cento), del latte e dei suoi derivati (più 3,6 per cento).
Pane, pasta e latte sono, comunque, i settori che più degli altri hanno avuto rincari considerevoli, ai quali, ovviamente, si è contrapposto -sostiene la Cia- un evidente calo
negli acquisti domestici di luglio. Nella composizione della spesa alimentare troviamo al primo posto degli acquisti la voce carne, salumi, uova (23,5 per cento), seguita da latte e derivati
(18,8 per cento), dall’ortofrutta (16,9 per cento), dai derivati dei cereali (15,0 per cento), dai prodotti ittici (8,8 per cento), dalle bevande analcoliche (5,9 per cento), da quelle
alcoliche (5,0 per cento), da olio e grassi (3,5 per cento), da zucchero, sale, caffè e thè (2,8 per cento).
Rincari -sottolinea la Cia- che sono ingiustificati e alimentati solo da manovre speculative. Le quotazioni praticate sui campi, proprio negli ultimi mesi, non hanno infatti registrato
particolari lievitazioni. In molti casi sono addirittura calate.