8 marzo, Donne in campo: l’impresa agricola “in rosa” regge meglio alla crisi economica

5 Marzo 2009
Le imprese “in rosa” tengono meglio l’attuale crisi rispetto alle altre. Nel biennio 2007-2008, infatti, le titolari donne di aziende individuali sono rimaste stabili in valore percentuale
registrando un 25,5 per cento del totale dei titolari. In pratica su quattro imprenditori, una è donna. E proprio l’agricoltura, che è tra i settori dove maggiormente si registra
la presenza di imprenditoria femminile, registra nel 2008, 251.237 aziende condotte da donne: il 30,7 per cento del totale. E’ quanto evidenzia l’Associazione Donne in Campo della
Cia-Confederazione italiana agricoltori in occasione della Festa dell’8 marzo.
La tenuta dell’impresa femminile -afferma Donne in Campo- è un dato importante che caratterizza l’imprenditoria “in rosa” come una rete solida e fondamentale del tessuto economico
italiano dove emerge creatività, flessibilità e solidità. Elemento che si riscontra anche dai dati (diffusi di recente dall’Unioncamere) sull’agricoltura dove, pur in
presenza di un calo di aziende, sono proprio le imprese condotte da donne che riescono meglio a contrastare gli effetti negativi della crisi.
Un dato questo che farà da cornice alla grande mobilitazione promossa dall’Associazione Donne in Campo della Cia per la Festa dell’8 marzo. Da Milano, a Torino, da Venezia, a Parma, a
Firenze, ma anche da Chieti, a Napoli, da Avellino, a Campobasso, da Potenza, a Cosenza, a Palermo e a Catania. Insomma, da Nord a Sud le imprenditrici agricole incontrano i cittadini nella
piazze italiane per dare il loro contributo allo sviluppo della società italiana in questo momento di crisi e per chiedere alle consumatrici e ai consumatori di essere insieme nella
difesa del prodotto italiano, della biodiversità e delle culture e dei saperi locali.
Sotto lo slogan “L’altra metà…della terra torna in piazza”, Donne in Campo vuole riaffermare che l’agricoltura è una grande opportunità per uscire dalla crisi e per
dare una sterzata a questo modello di sviluppo.
E, quindi, l’8 marzo è l’occasione per rilevare con forza il principio della “diversità come valore” e la contrarietà -sottolinea l’Associazione della Cia-
all’omologazione, come donne, perché portatrici di diversità di genere, come produttrici agricole, per l’affermazione della ricchezza della biodiversità e dell’infinita
varietà dei prodotti alimentari e trasformati, patrimonio dell’umanità.
Donne in Campo ritengono necessario proporre, con il proprio esempio, una pluralità di modelli anche più a misura umana e più integrati nell’ambiente. Affermare diverse
visioni del mondo, difendere e far rivivere, rinnovandole, le tradizioni locali.
Ecco gli impegni, le azioni e le priorità, contenute in un documento, di Donne in Campo ribaditi per la Festa dell’8 marzo:
– difendono le culture, le tradizioni e i saperi locali, affermano il valore dei territori e lottano per un riequilibrio tra uomo e natura;
– credono che l’agricoltura debba entrare nelle case dei cittadini e i cittadini debbano entrare nelle aziende agricole: insieme per produrre e consumare meglio e per essere protagonisti della
filiera produttiva;
– sono portatrici di un cambiamento forte nell’agricoltura italiana, contribuiscono ad innovarla e creare ponti con la società in un’ottica multifunzionale;
– dicono basta ad una situazione ormai insostenibile per le imprese agricole sempre più oberate da costi, da oneri contributivi e da pesanti adempimenti burocratici;
– considerano il carico fiscale in Italia un gravame eccessivo per le imprese e per i consumatori che non garantisce quei servizi e quella protezione sociale per cui viene prelevato;
– affermano la necessità di operare per costruire strumenti di credito realmente al servizio dello sviluppo dell’iniziativa imprenditoriale e della microimpresa;
– chiedono più stato sociale soprattutto nelle aree rurali; la carenza di asili, di scuole, di ospedali e presidi sanitari, di assistenza agli anziani pone l’Italia ai margini
dell’Europa;
– offrono le loro aziende multifunzionali come risposta alle esigenze di un nuovo welfare e come nuova opportunità di crescita delle imprese agricole femminili e del loro mantenimento
sul territorio rurale.