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Vinitaly va a Chengdu e Jack Ma, fondatore di Alibaba, sarà a Verona

Giovanni Mantovani

VINITALY A CHENGDU: CONCENTRARE SFORZI E DIVERSIFICARE CONTATTI E CONTRATTI SUL MERCATO CINESE

Di Giampietro Comolli (vedi anche altri articoli)

Tema e progetto molto interessante. Più volte abbiamo applaudito alla svolta intelligente fatta da Vinitaly e dal direttore Giovanni Mantovani ( nb: al di fuori del comparto finanziario e delle multinazionali, i direttori restano sempre molto  più tempo dei presidenti, perché?) compiuta qualche anno fa a proposito di “usare ed esportare” il marchio Vinitaly non solo come promo-commercializzazione dell’Ente Fiera ma anche come brand unitario e forte per tutto il vino italiano. Scelta che già nel 2002 e nel 2004 avevamo evidenziato, come relatore,  in due convegni proprio durante l’evento fieristico: la necessità di aggregare sforzi, di identificare un unico sistema-progettuale e un identitario marchio-nazionale che potesse sviluppare un percorso forte e globale per fare conoscere e pubblicizzare il “ vino Italia” come avevamo lanciato mentre ero ai vertici del gruppo Ferrari-Lunelli e del Consorzio Terre del Gavi docg.

Si sentiva il bisogno urgente di fare squadra per essere competitivi per superare quel gap enorme che ci divideva dalla Francia tradizionale e uno competitor e benckmarker del vino mondiale. La Francia nel 1980 aveva lanciato Sopexa che fece un grande lavoro di cui ancora oggi si constata il successo e il risultato essendo ancora aperti uffici e delegazioni sparsi nel mondo. Una iniziativa francese che riguardava tutto l’agroalimentare transalpino, ma soprattutto secondo una logica di pubblicità e di commercializzazione, non di promozione e basta.

L’Italia si è affacciata solo recentemente: l’Ice svolse una funzione più diplomatica che commerciale e più orientata all’incoming di opinion leaders che di buyer veramente autorevoli,  consolati e ambasciate tricolori non hanno mai avuto addetti agroalimentari presenti e fissi sui mercati esteri, la Gdo italiana non ha mai guardato fuori dai confini nazionali, Buonitalia è stata una catastrofe, come altri soggetti.

Bene invece Vinitaly che ha fatto bene quello su cui altri hanno fallito o non hanno voluto fare.  Forse l’unica pecca di Vinitaly, errore forse dovuto, e dovuto digerire, è stato il padiglione Vino a Expo Milano. Un segnale recente di cambio marcia viene anche da Ita-Ice che inizia ad incidere anche presso le strutture governative-commerciali estere e lavora molto bene come stimolo presso le ambasciate italiane.

La Farnesina dovrebbe dare una mano al Mise per creare figure operative-diplomatiche nelle ambasciate e consolati indirizzati all’agroalimentare.

Bene quindi l’iniziativa-esportazione di Vinitaly a Chengdu durante il Wine and Spirits Show, con ottimi segnali. I vini italiani sono in crescita in Cina, ma ancora molto distante da Francia, Australia, Argentina, Cile, Nuova Zelanda. L’export tricolore nel 2015 è arrivato a un fatturato di 90 mil/€.

Di grande auspicio e prospettiva le parole di Ettore Sequi ambasciatore in Cina: “In Cina possiamo migliorare l’attuale posizione, perché il mercato cinese è ampio, diversificato, settoriale, inesplorato”. Noi aggiungiamo che è un mercato difficile, complesso, dipendente da diversi fattori politici e economici piuttosto che qualitativi e tipologici con una forbice enorme fra i consumatori ricchi concentrati e l’enorme popolazione curiosa ma disposta a spendere meno per una bottiglia di vino.

Di grande interesse le parole del direttore Giovanni Mantovani per la presenza a Vinitaly 2016 di Jack Ma, il fondatore di Alibaba, veicolo importante per fare non solo e-commerce ma anche cultura sullo stile produttivo italiano.  Ci corre l’obbligo però di fare un appello-annuncio sperando che sia accolto dal ministro Martina e dal presidente Renzi.

Nel 2015 , nelle sole 12 grandi città della Cina, si sono svolti come individuali o collettive, dirette dall’Italia o dai cinesi stessi, ben 32 eventi sul vino italiano con una – crediamo – dispersione di energie, fondi, immagini.

Sarebbe bene concentrare le iniziative, correre tutti con lo stesso marchio, semplificare le informazioni. Il mercato cinese è ancora alle prime mosse sul vino. Concentriamo spese e forze, aggreghiamo, creiamo pochi punti fissi continui e insieme a manager cinesi per dare impulso ai nostri vini, al turismo, al made in Italy a tavola. questa deve essere la nuova sfida: ben venga Vinitaly sui vari mercati esteri come porta bandiera, come brand per e-commerce, come divulgatore, come gestore di info-desk in Cina. L’export di vino italiano in Cina, seppur in crescita, non ha espresso ancora tutte le sue potenzialità. Secondo i dati ISTAT, l’export di vino in Cina  è cresciuto del 18% (dopo due anni di cali) rispetto all’anno precedente.

Dal punto di vista quantitativo, l’Italia ha esportato circa 27 milioni di litri di vino con una crescita del 5,5%, di cui (nota di http://www.ovse.org) circa 4,1 milioni di bottiglie di spumanti e 1,5 di frizzanti. I prezzi medi hanno registrato un aumento da 2,96 a circa 3,30 euro/litro con punte di 3,95 euro/bottiglia in dogana per il Prosecco Spumante Superiore.  Tuttavia, l’attuale posizionamento del vino italiano in Cina non è ancora adeguato al ruolo che l’Italia ricopre nel panorama enologico mondiale.

Giampietro Comolli

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Giampietro Comolli

Nota: Giampietro Comolli è Editorialista di Newsfood.com,
Curatore della Rubrica di economia,  food&beverage e Gusturismo e della rubrica “Cum grano salis, a cura di Giampietro Comolli

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