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Prezzi: a Davos lanciato allarme tavola

By Redazione

L’allarme prezzi lanciato per il 2008 dal World Economic Forum (WEF) di Davos prefigura un cambiamento delle gerarchie all’interno dell’economia e un ruolo nuovo e centrale da svolgere per
l’agricoltura nei prossimi anni sia nella fornitura di beni alimentari che come opportunità per lo sviluppo di alternative energetiche.

E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare il rapporto del WEF che evidenzia che per il 2008 le riserve alimentari globali sono ai livelli più bassi
degli ultimi 25 anni e le forniture mondiali sono particolarmente esposte a crisi e disastri naturali con l’accentuazione dei fattori che provocano insicurezza alimentare come la crescita della
popolazione, la modifica degli stili di vita, i biocarburanti e i cambiamenti climatici. La riduzione della disponibilità alimentare con l’aumento dei prezzi è indicata –
riferisce la Coldiretti – insieme alla crisi del petrolio, alla recessione Usa e alla globalizzazione dei rischi tra le minacce per l’economia mondiale da qui a dieci anni. Si tratta di una
analisi coerente con quella della banca mondiale che prevede una crescita mondiale rallentata nel 2008 al 3,3 per cento e con quella dell’International Food Policy Research Institute che stima
una riduzione del 16 per cento della produzione agricola mondiale per il 2020 con l’effetto di un aumento stabile dei prezzi internazionali. Secondo l’Istituto – sottolinea la Coldiretti –
è finito il tempo dei prodotti agricoli a buon mercato e, dopo un lungo periodo con prezzi in continua riduzione, si sta registrando una inversione di tendenza strutturale. Le cause –
riferisce la Coldiretti – sono da ricercare nei cambiamenti climatici che provocano una riduzione delle terre coltivate e un calo delle rese produttive, nella domanda crescente di prodotti
alimentari a base di latte e carne da parte di paesi emergenti come India e Cina, ma anche nello sviluppo dei biocarburanti ottenuti dalle coltivazioni agricole.

Ad essere influenzati secondo gli esperti saranno soprattutto i cereali e i prodotti trasformati come pane e pasta, ma anche la carne e il latte ed i suoi derivati. Il calo dei raccolti si
è già fatto sentire anche in Italia con riduzioni record per olio (-17 per cento), vino (-12 per cento), frutta e agrumi (-5,4 per cento) nel 2007 che per l’Italia – continua la
Coldiretti – si posiziona al terzo posto nella classifica degli anni più caldi degli ultimi due secoli secondo l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale
delle Ricerche di Bologna (Isac-Cnr). Dopo l’abitazione, la spesa alimentare è quella a cui gli italiani riservano la fetta maggiore dei propri redditi destinati al consumo con una
percentuale vicina al 19 per cento e un valore di 467 euro al mese. Si tratta – sottolinea la Coldiretti – di una evidente dimostrazione che i rincari che si sono verificati nel settore
alimentare con aumenti record per prodotti base come pane ( 12,3 per cento), pasta ( 8,4 per cento) e latte ( 7,6 per cento) rilevati dall’Istat nel mese di dicembre hanno effetti sul
carovita.

A seguito dei rincari nei prezzi tre italiani su quattro hanno cambiato le abitudini alimentari principalmente variando il menù della spesa (il 40 per cento in modo drastico), aumentando
l’ attenzione riposta nella lettura dell’etichetta e prestando più attenzione alla provenienza dei cibi a favore di quelli locali, sulla base dell’ «Indagine 2007 COLDIRETTI-SWG
«Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione». Se complessivamente la spesa alimentare è rimasta invariata ( 0,1 per cento) le quantità portate a casa dalle
famiglie per effetto dell’aumento dei prezzi si sono ridotte dell’1,3 per cento con più pollo( 6,2 per cento), frittata ( 5,3 per cento) e acqua ( 1 per cento) mentre cala pane (- 7
per cento), pasta semola (- 4,3 per cento), vino (- 8,4 per cento), frutta (- 2,6 per cento) e verdura (-2,6 per cento), secondo le stime elaborate dalla Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen
relativi ai primi nove mesi del 2007. Gli italiani – sottolinea la Coldiretti – si sono rifugiati negli alimenti prodotti nella zona in cui vivono con 2 italiani su 3 che hanno acquistato con
regolarità prodotti locali e anche perché si tratta di alimenti il cui costo non è stato influenzato dal caro petrolio che ha fatto aumentare il costo di benzina e gasolio
necessario per i trasporti. Secondo lo studio della Coldiretti dei circa 467 Euro al mese che ogni famiglia ha destinato per gli acquisti di alimenti e bevande, oltre la metà, per un
valore di ben 238 Euro (51 per cento), va al commercio e ai servizi, 140 (30 per cento) all’industria alimentare e solo 89 (19 per cento) alle imprese agricole. Questo significa chiaramente che
i prezzi aumentano in media di cinque volte dal campo alla tavola con una tendenza che – conclude il presidente della Coldiretti Sergio Marini – tende ad accentuarsi ed è quindi
necessario lavorare per rendere più chiaro e diretto il percorso del prodotto con l’etichetta di provenienza, ma anche intervenire sulle filiere inefficienti che perdono valore senza
ritardare le necessarie ristrutturazioni.

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