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Visita di Legambiente ad un impianto di Medicina

By Redazione

Bologna – In occasione della prima edizione italiana de «I giorni del sole», campagna informativa volta a promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili, Legambiente ha
effettuato una visita guidata per un centinaio di persone presso il nuovo impianto a biogas realizzato dalla società agricola Cazzani ss di Giuseppe e Giorgia ubicata nella frazione
Ganzanigo di Medicina (Bo).

Tale opera rappresenta una novità in quanto gli impianti per la produzione di energia elettrica da biogas sono fondati in genere sull’impiego di liquame zootecnico e, quindi,
strettamente connessi alla necessità di smaltimento di un refluo, mentre l’azienda Cazzani ha puntato sulle energie rinnovabili ottenute da insilati cerealicoli, in particolare mais
ceroso appositamente coltivato.

Tali cereali vengono coltivati in zona per essere introdotti in un processo biologico spontaneo che genera biogas contenente metano il quale, a sua volta, alimenta normali cogeneratori per la
produzione di energia elettrica e termica.. Non c’è combustione, ma un naturale processo di digestione in ambiente anaerobico ottenuta grazie ad una tecnologia specificatamente
sviluppata. Per esemplificare, si può immaginare il biodigestore come un’enorme mucca alla quale occorre dare da mangiare in modo regolare e appropriato affinché produca
efficientemente il biogas.

L’impianto produce circa 700 metri cubi di biogas l’ora, una quantità sufficiente ad alimentare un cogeneratore con potenza elettrica nominale di 1.416 kw, cui si aggiungono come
sottoprodotto 849 kw termici. Considerando che l’impianto produrrà 11.738.000 kwh di elettricità l’anno, detratti gli autoconsumi, si può affermare che l’energia immessa in
rete sarà in grado di soddisfare le esigenze di 3.900 abitanti.
«Sistema efficiente – come rimarcato da Giuseppe Cazzani – naturale, di nessun impatto ambientale e sicuro in quanto il processo produttivo non necessita di particolari e pericolose
lavorazioni, ne’ di elevate temperature. Utile anche per l’agricoltura bolognese nel senso di dare risposte ai nuovi orientamenti colturali richiedendo coltivazioni «no food»
appositamente dedicate».

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