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Vino, il cambio di vite ci salverà

Vino, il cambio di vite ci salverà

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Il vino ed il clima. Per resistere alle alte temperature, al caldo ed alla siccità, potrà essere necessario cambiare tipo di viti. Le varietà tradizionali potranno così essere sostituiti da quelle più resistenti.

E’ la conclusione di una ricerca dell’Università di Harvard, diretta dalla dottoressa Elizabeth Wolkovich.

Gli scienziati sono partiti da analisi precedenti e da rilevamenti della NASA, per un totale di 500 anni di viticoltura coperti.

Risultato, nei prossimi anni l’Europa meridionale potrebbe diventare troppo calda per sostenere i vitigni tradizionali. A questo punto, il team di Harvard ha volutato due possibilità. La prima, trasferire le viti al Nord, approfittando del clima più mite. Ma così facendo si sarebbe perse l’esperienza dei lavoratori locali, le qualità del terreno ed il fotoperiodo, caratteristiche essenziali del buon vino.

Così, gli scienziati hanno optato per il cambio di vitigni, selezionando varietà come Xinomavro o il Monastrell, adatti ad estate calde e con poche precipitazioni e quindi più capaci di resistere alle nuove condizioni.

Spiega la dottoressa Wolkovich: “Il Vecchio Mondo ha una gran diversità di vitigni, alcuni dei quali si sono adattati a climi più caldi e tollerano meglio la siccità. Dovremmo studiarli per prepararci al cambiamento climatico”

Tuttavia, vi è il problema della globalizzazione del gusto. I dati sono chiari: su circa 1.100 vitigni pregiati a disposizione, l’80% delle vigne è occupato da solo 12 varietà Caso limite la Cina, dove l’80% del mercato richiede solo Cabernet Sauvignon.

Discorso simile per lo Champagne: può essere prodotto da nove vitigni, ma sono quasi sempre impiegati solo Pinot Meunier, il Nero e lo Chardonnay. Per i vini di Borgogna, il Pinot Nero e lo Chardonnay con Gamay e Aligoté.

Ciò detto, ci sono eccezioni. Nell’Europa del Sud, la produzione di vino è più variegata, con forte la tradizione europea di miscelare mosti e vini.

Perciò, conclude la dottoressa: “I viticoltori devono sperimentare nuove varietà, così da poter scegliere i vitigni per la prossima generazione”.

Matteo Clerici

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