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Vinitaly e vino: un asset del BelPaese da difendere a tutti i costi

Giampietro Comolli a VivereMeglio, rete 4, mediaset

Giampietro Comolli:
Fa piacere vedere che il 21° concorso enologico del Vinitaly, oltre ai grandi marchi come Cavit, Due Palme e a due vini stranieri simbolo di due territori e di due tipologie come il Divino Northdeim della Baviera e il Murftalar Rumeno, eccellono il Gutturnio di Piacenza di Casabella e il Malvasia passito Colli Piacentini di Cantina Terzoni Claudio.

E’ un riconoscimento ai vini di “provincia” , quei vini che portano con se territorio, vitigno, storia, cultura e valore aggiunto, come anche gli altri premiati Montepulciano d’Abruzzo e il VinSanto Trentino, senza essere alle aste mondiali, senza costare 100 euro, senza avere alle spalle potenze immobiliari, fabbriche di tessuti, fabbriche meccaniche, navi crociera. Una miriade di aziende che a livello locale sono una certezza, che risentono più di altre degli sconti al ribasso, che patiscono più di tutti i rialzi di prezzi degli scaffali, subiscono i cali di consumo, non possono fare nulla contro regole e norme burocratiche e legislative.
Sono 70.000 etichette nazionali “ nostrane”, da 2.500 a 1.000.000 di bottiglie cadauna, che sposano una civiltà della tavola distrettuale, che difendono un rapporto identità/valore, che cercano di andare incontro ai gusti soggettivi/privati dei nuovi e vecchi consumatori, che non hanno direttori marketing, che provano a presentarsi sui mercati cinesi, asiatici russi con enormi difficoltà, che non possono cambiare mestiere, che da generazioni coltivano lo stesso campo di vigna, che non pensano proprio di delocalizzare la cantina per pagare meno tasse e dare uno stipendio più basso a operai e extracomunitari…..sono aziende nate e vivono all’insegna della naturale produzione, della onesta e trasparente cura del vigneto, che fanno quotidianamente solidarietà, sussidiarietà e sostenibilità senza alzare manifesti o suonare trombe sui siti web di tendenza, che credono fermamente nella “denominazione” anche se costa di più, che non  lo diranno mai ma il consorzio di tutela serve, che hanno bisogno di garanzie di tutela delle proprie etichette, sui domini web, sul valore aggiunto di una legge vera ( non utile a tutti) del made in Italy, di lotte unitarie e forti contro l’italian sounding, di recuperare quei 14 miliardi di euro anno di giro d’affari che il falso vino genera sui mercati nuovi, troppo liberi, incuranti dei diritti e doveri.

Ben vengano i tappi anticontraffazione, ben venga il Qrcode, il Sigillo informatico, la fascetta numerata…ma senza una azione “europea” forte unita e decisa senza tentennamenti,  non si va da nessuna parte e chi ci rimetteranno saranno le piccole aziende vitivinicole.
A Lisbona nel 1990,  i tavoli Gatt e Trips già discutevano di questo, e constatiamo che in 24 anni la UE si è accaparrato ogni decisioni politica e produttiva, senza attivare alcuna difesa di prodotto! Il vino da millenni, e a cicli, si fonda sempre su un prodotto di base e diffuso, una volta bevanda-alimento oggi un ottimo vino di società ampia, e su vini di nicchia. Il Falerno o l’etrusco Kilkevetra erano vini riservati, per pochi, esclusivi e oggi si parla di nicchia.

Il vino bio, come l’orange, l’organic, il natural, il sur-lie, l’icewein, passito, vendemmia tardiva, sovramaturato….sono tutti prodotti riservati con estimatori. l’economia, l’impresa, il valore aggiunto, il primato export  …si fa con strategie di lungo periodo, unitarietà e ampiezza di intenti, programmazione, elevazione della qualità/valore, remare tutti i produttori nello stesso senso…ma è evidente che il mercato è fatto da più consumatori, più culture, più approcci…..il futuro sta nella entità/intensità di un progetto vino ma attento ai migliaia di gusti diversi di un consumatore sempre più poliedrico, internazionale, aperto a conoscere, curioso…

Giampietro Comolli

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