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Un brindisi sans année, bollicine limited edition per San Valentino FARNITO Brut

Un brindisi sans année, bollicine limited edition per San Valentino FARNITO Brut

By Tiziana

Per brindare ad un amore senza tempo, che sia San Valentino o no, c’è un particolare spumante italiano sans année che sembra essere una scelta in grado ancora di sorprendere. Qualcosa per spiriti lontani dai riti più banali e scontati ma pur sempre con un’immensa voglia di festeggiare.

Si tratta del Farnito Brut Carpineto, uvaggio Chardonnay in purezza, metodo Charmat. Una scelta molto originale tra le bollicine. Una piccol cuvée da una terra che non ti aspetti, quella Toscana dolcemente ondulata dove ancora oggi spesso lo sguardo cattura istanti d’eternità.

Uno spumante raro, una piccola produzione di pregio. Limited edition.

Elegante, vagamente snob, una bottiglia così insolita e chic a impreziosire la mise en place più stilosa, o tanto più una tavola minimal.

E’ la renana-champagnotta alta, una bottiglia esclusiva, non a caso conosciuta anche come flauto: un collo lunghissimo, slanciata, raffinatissima. Ideale da conservare dopo l’ultimo sorso per una rosa dallo stelo molto lungo. Vezzo romantico ma con leggero disincanto.

Vini più o meno spumeggianti hanno rallegrato fin dall’antico i conviti e reso solenni i momenti da ricordare. Un vino così, la cui spuma sottile, piccole perle preziose che brillano come una corona nel calice, e al palato è suadente e appagante, è qualcosa di più.

Accarezza e seduce. Siamo infatti davanti a un vino prodotto in quantità limitatissime frutto dell’unione di più annate di Chardonnay, le più vecchie delle quali mantenute in barili di rovere pregiato che donano una nuova dimensione al corredo aromatico, e fermentate insieme molto molto lentamente.

Suggestiva l’idea che quel calice raccolga più vendemmie, la summa di un perfetto equilibrio.

Non a caso la continuità di stile del Farnito Brut negli anni, e dopo quaranta dalla prima bottiglia, è sorprendente. Passione pura, eleganza a dispetto del tempo, o senza tempo appunto. Come quell’oro caldo del colore.

Il perlage fine e continuo persiste con estrema, delicata tenacia. Come dire? Un omaggio alla gioia che si rinnova ad ogni brindisi.

Il bouquet è intenso, ampio e profondo fino all’ultimo sorso. Vibrante. Al naso infatti, come al palato, risulta speziato, complesso, armonioso. Una buona acidità senza mai essere pungente. Molto lungo. Setoso. Cannella, vaniglia, ma anche la fragranza del più semplice  dei sapori, quello del pane. E ancora, sandalo e fiori gialli di un campo a primavera, e su tutto un pizzico di brio di uno zest agrumato a rendere fresche anche le note più sinuose e morbide.

Si potrebbe anche glissare sugli abbinamenti, il piacere di uno spumante così lo si apprezza anche in assenza di distrazioni del gusto verrebbe da dire, eppure il connubio con una cucina fine dining, ma anche con le più semplici delle ricette, è di grande felicità. Perfetto dall’aperitivo al secondo. Ideale con coquillage e crudi, carni bianche con salse leggere. Voluttuoso con i formaggi, memorabile con un risotto al parmigiano 36 mesi in velo di zafferano.

TRA I RICORDI DEI VIGNERONS

“La storia di questo spumante è il risultato di un incrocio di intuizioni, prove, sperimentazioni di Giovanni Carlo Sacchet il mio storico amico e socio della Carpineto, nonché enologo – racconta Antonio Mario Zaccheo tornando indietro di 40 anni quando in Toscana nessuno vinificava vini mossi.

Nel 1982 realizzammo il primo impianto di spumantizzazione del Chianti Classico, terra di rossi per antonomasia, proprio per volere di Giancarlo, il quale, cedendo alla sua origine veneta, era molto attratto dall’idea di avere uno spumante CarpinetoFummo i primi in Chianti Classico.

Erano anni di fermento in enologia, è proprio il caso di dire, per esempio l’introduzione di vitigni non tradizionali in Toscana, come lo Chardonnay appunto.

Allo stesso tempo cominciammo a sperimentare l’invecchiamento dei vini in barili di più piccole dimensioni ed anche la fermentazione e maturazione di alcuni vini bianchi nel legno piccolo.

Tornando al nostro chardonnay  scelto in ogni vigna e in ogni annata delle migliori e vinificate separatamente, Giancarlo lavorò sull’affinamento, quella tipologia creata da lui. Quel qualcosa che nel Farnito Brut fa la differenza. E’ un processo lento. Viene tenuto per un lungo periodo a temperatura costante e sottoposto a numerose agitazioni, per far si che i lieviti cedano le loro preziose sostanze aromatiche. Sono necessari più di otto mesi a bassa temperatura affinché il Farnito Brut diventi spumante ed altrettanti ne devono passare rimanendo in bottiglia per trasformarsi in un preludio di profumi e sensazioni.”

Caterina Sacchet, enologa che oggi ha raccolto il testimone di suo padre, ricorda bene, per quanto allora molto piccola, anche tutta quella che era, ed è tuttora, l’emozione in famiglia ogni volta: “Fu mia nonna a conoscere per prima i segreti della spumantizzazione in Toscana, lei era la cantiniera, andava anche di notte a controllare temperatura e pressione per ottenere una perfetta presa di spuma. Talvolta nel fine settimana andavo con lei. Però il momento più emozionante resta quello dell’imbottigliamento, solo allora capisci la qualità del risultato finale. Anche se non è ancora la fine perché poi ci sono altri otto, nove mesi di affinamento in bottiglia.”

“L’incrocio tra le due novità, la spumantizzazione e lo Chardonnay fermentato e maturato per pochi mesi nel legno, e affinato a lungo, ha dato vita a questa nostra piccola ‘perla’, mi permetto di chiamarla così anche perché non ce n’è abbastanza per le richieste che riceviamo e abbiamo sempre la necessità di razionare le vendite. E pensare che all’inizo fu un prodotto d’avanguardia, diciamo così”, ricorda sorridendo Antonio Mario Zaccheo.

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