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Suinicoltura sannita: un convegno in CdC a Benevento

By Redazione

Benevento – Interessanti riflessioni sono emerse dalla Tavola Rotonda tenutasi, a cura della Fondazione Mario Vetrone e della Camera di Commercio, sul tema «La suinicoltura nel
Sannio, tradizione ed innovazione», nel secondo dopoguerra l’allevamento suinicolo in provincia di Benevento ha fatto registrare una evoluzione produttiva e mercantile determinata
soprattutto dall’introduzione, al fianco delle tradizionali razze nere, del suino bianco giudicato più prolifico e produttivo di carni magre maggiormente richieste oggi dal mercato.

Tutto questo ha determinato anche un progressivo passaggio da un allevamento di tipo familiare per l’autoconsumo ad un allevamento di tipo imprenditoriale. Nell’ultimo decennio, con
l’irreversibile crisi del tabacco, è stata presa in considerazione, nell’ambito dei programmi di riconversione di quel settore, anche l’allevamento suinicolo di medie dimensioni. A tale
scelta ha contribuito in maniera determinante la presenza di due grossi impianti genetici e di riproduzione operanti nel Sannio, la SUIME di Apollosa e la MARTINI spa di S. Salvatore Telesino.
Il convegno, coordinato da Roberto Costanzo, presidente della Fondazione «Vetrone», è stato aperto da un’introduzione di Gennaro Masiello, presidente dell’Ente Camerale
sannita, che ha posto l’accento sulle potenzialità del settore e sulla ricaduta economica per il sistema Sannio. Ai progetti di studi sperimentali, avviati negli ultimi tempi per la
conservazione e tutela di una razza autoctona quale il pelatello casertano, che trova interesse in una nicchia di produzione agro-artigianale legata soprattutto alla filiera agrituristica e di
farm-market, si affiancano i programmi di largo impegno imprenditoriale rappresentati dalla produzione e riproduzione di suini chiari derivati da razze «large white» e
«landrace» che complessivamente raggiungono la consistenza di oltre 100.000 lattoni, dei quali 30.000 vengono ingrassati in provincia ed il resto è destinato al mercato
extra-provinciale.

Questi dati si riferiscono ad aziende suinicole con la dimensione di almeno cento capi senza considerare gli allevamenti di autoconsumo familiare o limitati al piccolo mercato locale. Il dato
che emerge è che il 70% dei lattoni prodotti in provincia viene destinato ai centri di ingrasso di altre province e regioni d’Italia, sebbene in questo decennio sia stata avviata una
consistente attività di ingrasso sia sotto forma di soccida che con altre forme di allevamento. Altro dato interessante è che in provincia operano ormai dodici salumifici a bollo
CEE, di piccole e medie dimensioni.

Da tutto ciò emerge che nel Sannio per la suinicoltura vi sono potenzialità produttive che lasciano intravedere la prospettiva di una filiera che, partendo dalla fase genetica si
sviluppa lungo varie forme di allevamento e di trasformazione industriale; e soprattutto si evince che i centri di ingrasso della provincia, che come detto, utilizzano solo il 30% dei lattoni
locali potrebbero svilupparsi di numero e dimensione aziendale sempre nel rispetto delle condizioni di eco-compatibilità. Dalla tavola rotonda, cui hanno preso parte Donato Matassino che
ha parlato dei tipi genetici autoctoni; Pietro Prandini che ha parlato anche a nome di Rex Walters, responsabile programma genetico della SUIME, Donatangelo De Ieso che ha illustrato il sistema
produttivo della suinicoltura sannita; ed Ettore Varricchio che ha relazionato sul «suino chiaro del Sannio», è emerso che la suinicoltura sannita potrebbe essere oggetto di
un «Programma Integrato di Filiera» capace di coinvolgere un certo numero di quelle piccole imprese agricole necessitate a trovare alternative alla tabacchicoltura che sta subendo
una fortissima riduzione produttiva.

A giudizio della Fondazione Vetrone, le Istituzioni locali e regionali e le Organizzazioni di categoria dovrebbero prestare attenzione allo studio di un progetto integrato, partendo dal dato
fondamentale che solo un terzo della produzione suinicola viene allevato in provincia, confermando anche in questo settore, che il Sannio è un territorio che produce essenzialmente
materia prima, con la quale si operano trasformazioni e valore aggiunto in altre aree geografiche.

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