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Sanzione espulsiva: è necessario che sia leso il rapporto fiduciario

By Redazione

La sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 10 dicembre 2007, n. 25743, ha stabilito che la fiducia nel dipendente può venir meno anche se l’illecito non
danneggia il patrimonio del datore, ma per giustificare la sanzione espulsiva è necessario che sia leso il rapporto fiduciario, ovvero che sia stato posto in essere un notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali.
Inoltre, come già rilevato dalla Corte di Appello, la Cassazione osserva che, nel caso di specie, c’è stata sproporzione tra fatto e sanzione espulsiva: per la Corte, il fatto
è definibile come «una scorretta utilizzazione dei mezzi di protezione» e quindi deve essere esclusa la sottrazione di beni aziendali (che avrebbe giustificato
la sanzione espulsiva).

Fatto e diritto  – Il datore di lavoro aveva contestato ad un operaio (già colpevole di alcuni pregressi comportamenti che avevano turbato l’ordine aziendale) di
essere stato «trovato in possesso, senza che ve ne fosse alcuna giustificazione, di 12 mascherine antipolvere di proprietà aziendale e fornite in numero di una a ciascun
operaio che ne ha necessità a causa del lavoro che svolge».
Il datore di lavoro, dunque, lo aveva licenziato per giustificato motivo soggettivo.
Il lavoratore non aveva negato il fatto, ma in giudizio aveva contestato la palese sproporzione fra il comportamento accertato e la sanzione del licenziamento e la società aveva
resistito in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.
Il Giudice del Lavoro del Tribunale aveva rigettato la domanda adducendo che il fatto addebitato al ricorrente (aver fatto «man bassa» dei mezzi di protezione) aveva
fatto venir meno la possibilità di utilizzo delle mascherine da parte degli altri dipendenti.
Il dipendente allora era ricorso in appello e la Corte di Appello aveva giudicato l’episodio «di portata modesta, sicuramente meno grave di altri ricondotti alla fattispecie
sanzionatoria conservativa da parte del CCNL» e aveva stabilito che non assumevano rilevanza i dedotti precedenti disciplinari, essendo risultata provata soltanto una sanzione
disciplinare e non una pluralità di precedenti come ritenuto dal primo Giudice.
L’azienda allora è ricorsa in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione – Per la Corte di Cassazione, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all’illecito commesso è rimesso al Giudice
di merito e l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, tale da non consentire la
prosecuzione neppure provvisoria – durante il periodo di preavviso – del rapporto.
A tale stregua, l’assenza di nocumento (o di serio pericolo di nocumento) della sfera patrimoniale del datore di lavoro, se può concorrere a fornire elementi per la valutazione di
gravità del comportamento inadempiente, non è decisiva per escludere che possa dirsi irrimediabilmente incrinato il rapporto di fiducia.
La Cassazione, in sostanza, ha richiamato quanto deciso dalla Corte di Appello in ordine al «notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di
lavoro». La Corte d’Appello, infatti, aveva rilevato che le mascherine erano custodite all’interno dell’azienda ed erano state riposte nell’armadietto personale, escludendo con
ciò che si fosse trattato di una «vera e propria sottrazione di beni aziendali» ed affermando che il comportamento dell’operaio si era «risolto in
una scorretta utilizzazione dei mezzi di protezione cui era certamente conseguito un disservizio a lui imputabile».
Alla luce, quindi, di varie previsioni del CCNL di comportamenti puniti con sanzione conservativa, ritenuti senz’altro più gravi di quanto non fosse stato quello «certamente
bizzarro (e per certi aspetti inspiegabile)» posto in essere dal lavoratore, la Corte ha valutato l’episodio di «portata modesta» e certamente non
«ablativo della fiducia nel futuro lavorativo del dipendente».
Al riguardo, infine, per completezza sul piano soggettivo, la Corte ha rilevato che dei «dedotti precedenti disciplinari» vi era la prova in atti di una sola sanzione
disciplinare (irrogata il 15-2-2001) e che «la rimanente documentazione offerta in comunicazione dell’appellata” riguardava “mere segnalazioni o contestazioni cui non ha fatto
seguito l’irrogazione di alcuna sanzione».

Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 25743 del 10 dicembre 2007

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