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PREMI AI DIPENDENTI? OLTRE IL 50% VA IN TASSE E ONERI SOCIALI’

PREMI AI DIPENDENTI? OLTRE IL 50% VA IN TASSE E ONERI SOCIALI’

By Giuseppe

PREMI AI DIPENDENTI? OLTRE IL 50% VA IN TASSE E ONERI SOCIALI’

Sandro Bottega, Re del Prosecco: per ogni 1.000 euro di premio che diamo al nostro dipendente, a lui vanno soltanto 570euro e il Fisco ne incassa più di 1000… a noi ne costa 1.600

 

                  NOTA del direttore
L’argomento tasse non piace a nessuno, solo all’Erario che come un orco famelico divora a più non posso. E’ doveroso e ovvio pagare le tasse ma non più della soglia sostenibile e secondo la capacità contributiva, come recita la Costituzione. Oltre 1000 euro di tasse e oneri su 1600 erogati… è azzardato dire che potrebbe essere strozzinaggio? In questo modo l’orco non si mangia solo l’uovo ma anche la gallina!

Giuseppe Danielli

Milano, 28 febbraio 2022

 

Di Giovanna Guzzetti

 

Che si tratti dell’ambasciatore del cashemire italiano, Brunello Cucinelli, o del meno appealing (per via del settore di attività) Siro Della Flora, imprenditore legnanese attivo nella metallurgia, sono numerosi – anche se non assurti agli onori della cronaca – i casi di titolari e/o capitani d’azienda che hanno voluto condividere con i loro dipendenti, al di là del dettato contrattuale di primo o secondo livello, i profitti realizzati dalle loro realtà produttive. In occasione della scorsa Pasqua, Della Flora ha omaggiato i suoi 42 dipendenti con una sorpresa pasquale da 1500 euro che, in qualche intervista, ha definito come un contributo/premio bollette per venire incontro ai rincari energetici che, oltre a pesare sulla sua impresa (sicuramente!), si scaricano anche sui conti delle famiglie.

Ci piace assistere a questi episodi che ci rimandano ad Adriano Olivetti (senza voler far torto ad altri imprenditori del passato illuminati…), a comportamenti datoriali oseremmo dire rivoluzionari, dove veniva sfatato – volutamente e scientemente  – il luogo comune del padrone sfruttatore a favore della figura dell’imprenditore lungimirante e consapevole che solo un benessere circolare e condiviso avrebbe favorito entrambi, titolari d’azienda e dipendenti.

Certo, rimane sempre il quesito “ma quanto rimane in tasca ai miei dipendenti” dell’ulteriore esborso dell’imprenditore? Senza voler entrare nel merito o discettare dei distinguo contributivi e fiscali sull’assoggettamento a prelievo delle diverse voci che compongono la busta paga, rimane un fatto: il cuneo fiscale, ovvero la differenza tra la somma lorda elargita e quella netta che finisce nelle tasche del dipendente.

Di cuneo fiscale si sente parlare spesso anche se la definizione, in sé medesima, non appare di immediata comprensione. Di recente si è ritenuto che a fare un po’ di ordine in materia sia intervenuta la revisione delle aliquote Irpef appena entrate in vigore che, come noto, previlegeranno le fasce di reddito centrali, il cosiddetto ceto medio, anche se, guardando alle nuova curva, un beneficio giungerà anche ai redditi più elevati (quelli assoggettati alla aliquota marginale del 43%).

Confindustria, attraverso le parole del suo presidente Bonomi inviate agli associati in occasione delle festività natalizie 2021, aveva non solo criticato l’orientamento dell’Esecutivo ma lanciato una controproposta. Non facile il compito di Draghi che ha dovuto (e deve…) mediare non solo tra le parti sociali ma anche tra le diverse componenti del governo che guida.

Di certo una riduzione del cuneo fiscale non può che essere auspicabile per tutti gli attori in gioco. E se è condivisibile l’approccio di una riduzione della spesa pubblica (dimenticando gli anni horribiles della pandemia e della guerra, con tutto ciò che hanno comportato e stanno ancora comportando) che sia sinonimo di minori sprechi e migliore, più efficiente utilizzo delle risorse a disposizione, l’imperativo categorico deve essere quello di una maggiore ricchezza nazionale da realizzarsi solo attraverso una crescita, reale e non drogata, dell’economia. Che non può non includere la creazione di veri e produttivi posti di lavoro, presupposto per un allargamento della base contributiva (maggiori versamenti agli Istituti di Previdenza), fiscale (più imposte da versare all’erario) e per la crescita del Prodotto Interno Lordo (Pil), il cui andamento è il miglior termometro per misurare lo stato di salute della nostra economia. E, di conseguenza, dei suoi cittadini.

 

Qui la lettera di Sandro Bottega

Oggetto: FISCO: BOTTEGA (RE DEL PROSECCO), ‘PREMI AI DIPENDENTI? OLTRE IL 50% VA IN TASSE E ONERI SOCIALI’

Data: 22 aprile 2022

FISCO: BOTTEGA (RE DEL PROSECCO), ‘PREMI AI DIPENDENTI? OLTRE IL 50% VA IN TASSE E ONERI SOCIALI’

Bibano (Treviso), 22 aprile 2022 – «Sono orgoglioso di come Occidente, Europa e Italia – nonostante le incertezze e i rischi – abbiano affrontato la guerra e la pandemia. Le follie di chi critica, non meritano nessun commento, perché frutto solo di una visione distorta della realtà.

Voglio però affrontare un tema di lungo periodo e che riguarda la riqualificazione produttiva del mondo occidentale; si può anche criticare la logica imprenditoriale di chi ha delocalizzato, ma soprattutto la politica ha agito negli ultimi 30 anni con poca lungimiranza. Nonostante sia un percorso lungo, riportare la produzione nei nostri Paesi è doveroso, ma se non si inizia subito, si corre il rischio di non arrivare mai più al traguardo.

Il problema principale sono la competitività e la forza lavoro; una corretta gestione dell’apparato statale porta a una diminuzione della spesa pubblica e permette di abbattere il cuneo fiscale che porta poi a una maggiore competitività delle imprese. Per fare un semplice esempio, anche il premio da noi dato al personale recentemente è costato oltre 2 volte quanto hanno percepito i collaboratori in busta paga, in alcuni casi abbiamo quindi dovuto pagare allo Stato più di quanto i collaboratori abbiano percepito.

Sandro Bottega… per ogni 1.000 euro di premio che diamo al nostro dipendente, lui ne incassa soltanto 570 e a noi ne costa 1.600, quindi quasi il triplo.

Nella nostra azienda, per ogni 1.000 euro di premio che diamo al nostro dipendente, lui ne incassa soltanto 570 e a noi ne costa 1.600, quindi quasi il triplo. È un aiuto alla competitività questo? La competitività si raggiunge soprattutto rendendo meno oneroso per l’azienda e per il dipendente il carico fiscale che va a favore dello Stato, che alla fine è quello che ne beneficia di più, ma sul lavoro degli altri».
Lo dichiara il “re del Prosecco” Sandro Bottega, patron dell’omonima azienda di Bibano di Godega di Sant’Urbano (TV), tra i principali produttori di vino e distillati italiani. «Ma c’è un altro aspetto – continua Bottega – da non sottovalutare: manca manodopera, gli italiani non vogliono fare certi lavori e i giovani non vogliono sacrificarsi come altre generazioni.
La corretta gestione dell’immigrazione è fondamentale ed è l’unico modo per permettere alla nostra cultura di essere trasmessa, insegnata e condivisa da nuovi popoli, compresa la costruzione di nuovi imprenditori che, acquisendo i nostri valori, li sapranno trasmettere a loro volta. Se non agiamo su queste due cose (che sembrano semplici), l’Europa e l’Occidente continueranno sì a essere l’Eldorado, ma diventeranno come il Lussemburgo e la Svizzera.
Magari saremo anche i più ricchi, ma sempre più dipendenti dagli altri, e la vera ricchezza, la vera libertà sono legate all’indipendenza. Il mio invito è che tutti, ma davvero tutti, abbiano una presa di coscienza dell’importanza del proprio ruolo nella società per poter fare dell’efficienza la chiave per il benessere», conclude Sandro Bottega.

Articolo di Giovanna Guzzetti

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