Pac Ue 2023-2027 che delusione! abbiamo perso una grande occasione…
La nuova Pac accentua ancor più una politica di sostegno al reddito e ai titoli che guarda alle grandi aziende, ai prodotti market, alla tecnologia di scala, ma non all’impresa e non alle domande del consumatore.
PacUe 2023-2027
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Comolli “ogni lasciata è persa”, dice un antico adagio popolare lungo il fiume Po.
Dopo anni, tre, di negoziato l’organo politico decisione al vertice della nostra Unione Europea ha raggiunto l’accordo “politico” sui contenuti della politica agraria comune che sarà oggetto di programmazione per i prossimi anni dal 2023 al 2027, dopo due anni di transizione “politica” che ha trascinato le scelte dei 7 anni precedenti.
Quindi un indirizzo programmatorio assimilato e identico per gli ultimi 20 anni che non ha assolutamente contribuito a “percepire” un cambiamento fortissimo proveniente dalla terra, dai territori, dai contadini. L’Europa dei 27 (ex 28) rispetto al mondo agricolo ha perso anni di innovazione, strategia, sistema, giustezza macroagraria e difesa della microqualità, che è sempre più il modello-simbolo del nostro continente senza fare differenze fra nord e sud Mediterraneo. In sintesi gli ecoschemi del Green New Deal assumeranno una funzione trasversale e verticale i cui impegni di spesa e azioni sono tutti inseriti nel capitolo della condizionalità rafforzata: obblighi aggiuntivi per gli agricoltori più stringenti, ma volontari e remunerati.
Un impegno di spesa a scapito di altri capitoli: come s sa il bilancio periodico della PAC è stato ridotto di parecchi miliardi di euro che toccherà ogni paese, Italia in primis perché paese più grande. In questa visione le Regioni italiane sono chiamate a riadattare tutti gli interventi, spesso in forma ridotta, rapportando il sostegno in base a reddito, fra i titoli posseduti dall’agricoltore e la Sau dichiarata annualmente in domanda.
Trattasi di una soluzione politica, ribadiamo, non legato agli aspetti agroaziendali, geoambientali, agronazionali che erano fattori determinanti, già nella proposta del 2012-2014 formulata in Parlamento Europeo da diversi tecnici e rappresentanti dell’Italia. Ci troviamo difronte, senza entrare in dettaglio, a tre enormi difficoltà almeno per l’Italia: non riconoscimento di una biodiversità produttiva colturale insita nella condizione geomorfologica; non riconoscimento della entità media della azienda nazionale per storia, cultura, destinazione e localizzazione agro-agronomica; non riconoscimento della peculiarità economiche di naturale sostegno al reddito (quindi potenziale risparmio del bilancio UE) attraverso una maggiore valorizzazione, tutela e designazione dei prodotti alimentari di qualità.
Quest’ultimi unici a crescere come valore marginale e aggiunto su tutti i mercati mondiali rispetto ai prodotti confezionati, al netto della inflazione e al netto dei costi fissi aggiuntivi di fonte energetica che già a fine 2021 stanno incidendo non poco sulle “piccole” aziende italiane. quindi una PAC che guada dall’altra parte rispetto alla migliore produttività veramente utile per il Green Deal e per Farm to Fork, così decantati.
Se a questo aggiungiamo che i “quasi pronti” Psr regionali sono ancora una volta diversi uno dall’altro, e se abbinati alle non corrette valutazioni “politiche” comunitarie, il quadro di una politica italiana rispettosa della realtà produttiva per il mercato interno ed estero si fa molto serio, allarmante. Non è il solito pianisteo agricolo, il solito “gli altri non mi vogliono” o “dare la colpa ad altri di nostre incapacità”.
Quando siamo incapaci, dobbiamo avere il coraggio di dirlo e lo abbiamo dimostrato più anni negli ultimi 40 anni non sapendo utilizzare fino in fondo tutti i sostegni UE ricevuti, ma quando emerge che in questo momento in Europa è necessario condividere scelte “politiche” più rispondenti a bisogni nazionali nel rispetto di una unità di intenti e obiettivi, anche la Pac deve adattarsi.
E’ evidente che i “macrolander” del nord Europa (Francia e anche Spagna) suppliscono al fine di dare una linearità di prodotto sancita anche da una proporzione e da un rapporto più ampio dei titoli e delle dimensioni agrarie. In più il sostegno economico di base, quello che dovrebbe calmierare le enormi differenze fra imprese agricole di piccole dimensioni e quelle grandi dovuto ai titoli, alla condizionalità, al rafforzamento, alle eliminazione del greening, alla dimensione agraria si ridurrà dal 37% al 56%, che per molte aziende che già praticano la biodiversità naturale vorrà dire in concreto perdere il 50-60% del totale dei sostegni.
Quindi meno attenzione all’impresa e più indirizzi strategici: quindi il successo della PAC 2023-2027 è tutto sulle spalle “scelte” delle singole regioni italiane, con tutte le difformità del caso….il riso di Vercelli sarà diverso dal riso di Pavia e sarà diverso da quello Veneto e idem per l’azienda famigliare Piemontese e per quella Lombarda.
…identiche politiche europee astringenti hanno creato problemi all’acciaio, al sale alimentare, all’energia, allo zucchero, ai cereali, alle farine, al latte…
Giampietro Comolli
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