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Intervento del Fondo di Garanzia Inps: fallimento delle società e procedure concorsuali

Con sentenza del 24 settembre 2007, n. 19702, la Corte di Cassazione, sezione Lavoro Civile, ha rigettato il ricorso dell’Inps che non è intervenuto a pagare il TFR ad un dipendente di
alcune società (prima srl, poi spa) richiamando la direttiva Cee 20 ottobre 1980, n. 80/987 che prevede che la direttiva stessa si applichi ai “diritti” dei lavoratori dipendenti dai
datori di lavoro “in stato di insolvenza, che riguarda il patrimonio del datore di lavoro ed è volto a soddisfare collettivamente i creditori di quest’ultimo”.

In tale ottica, secondo la Cassazione risulta stabilito che l’applicazione della direttiva è subordinata alla soggezione del datore di lavoro a fallimento oppure ad altra procedura
concorsuale, con analoga finalità liquidatoria del patrimonio del debitore
Per la Cassazione, quindi, il Fondo di garanzia deve sostituirsi in tali casi al datore di lavoro – inadempiente per insolvenza, appunto – nel pagamento del TFR.

Fatto e diritto
Con ricorso in opposizione ad un decreto ingiuntivo, l’INPS conveniva in giudizio dinanzi al Pretore il lavoratore sostenendo che non aveva titolo al pagamento del Tfr rilevando
l’eccessività dell’importo richiesto per pochi mesi di lavoro prestato dal i presso una s.r.l. di cui era stato dichiarato il fallimento.

Le ragioni dell’Inps
L’Inps al riguardo aveva sostenuto che l’importo si riferiva anche al precedente rapporto di lavoro alle dipendenze di una s.p.a., e non era invocabile poiché era configurabile nella
specie un trasferimento d’azienda, con conseguente inapplicabilità della disciplina di cui alla Legge n. 297 del 1982, articolo 2 (che presuppone lo stato d’insolvenza di ogni debitore),
non configurabile invece nei confronti della spa, dove il dipendente aveva lavorato, che non era stata dichiarata fallita.
L’inps eccepiva anche che il lavoratore aveva disposto del proprio credito per trattamento di fine rapporto maturato alle dipendenze della spa ., mediante cessione pro soluto in favore della
S.r.l. (comunicata alla spa.), che aveva trasformato il credito del lavoratore in obbligazione pecuniaria a carico del nuovo datore di lavoro, del quale il Fondo di Garanzia dell’Inps per il
TFR non poteva rispondere ad alcun titolo.

Le ragioni del dipendente
Il lavoratore allora si costituiva in giudizio sostenendo l’infondatezza delle ragioni dell’Inps ed in particolare che egli aveva pattuito con la s.r.l. un’espromissione liberatoria, la quale
non aveva carattere novativo, ma aveva mantenuto la natura originaria del credito per t.f.r.
Il dipendente allora chiedeva il rigetto del gravame e il Tribunale aveva rigettato l’appello principale dell’Inps, compensando le spese di lite.

Il ricorso dell’Inps
Dopo che il pretore rigettava il ricorso confermando l’opposto decreto e compensando tra le parti le spese di lite, l’INPS ricorreva in appello lamentando l’errata interpretazione e la
violazione della normativa vigente, ovvero:
a) dell’art. 2112 c.c.: il lavoratore infatti aveva disposto del suo credito al di fuori della procedura di cui al comma 2 di tale disposizione, rinunziando sostanzialmente a farlo valere nei
confronti dell’effettivo datore di lavoro, in vista dell’assunzione da parte di una società da considerarsi terza o continuatrice della precedente);
b) dell’art. 2 della L. n. 297 del 1982 che, facendo espresso riferimento al datore di lavoro e non al cessionario o al preteso espromissore, non era derogabile dai privati: peraltro gli atti
compiuti per aggirarne l’applicazione si ponevano al di fuori del legittimo esercizio dell’autonomia privata e non perseguivano interessi meritevoli di tutela.

Il ricorso in appello
Il giudice di secondo grado esaminava innanzitutto le deduzioni dell’Inps basate sulla tesi dell’applicabilità dell’articolo 2112 c.c., osservando in particolare che tale norma fosse
applicabile al caso concreto – che, in ragione della solidarietà prevista da tale norma in favore del creditore, avrebbe consentito al dipendente di chiedere alla srl, e quindi al fondo
di garanzia, il credito in questione, e rilevando anche che, stante la sopravvenuta insolvenza della spa, non avevano ragione di essere le eccezioni dell’Inps.
Lo stesso giudice si faceva carico dell’obiezione secondo cui la Legge n. 297 del 1982, articolo 5, nel prevedere l’intervento sostitutivo del fondo di garanzia, fa riferimento al “datore di
lavoro” e non anche a cessionari o espromissori, osservando che in realtà la norma non esclude l’intervento del fondo di garanzia ai fini del pagamento del t.f.r. maturato di il
lavoratore nel corso dell’intera vita lavorativa (e quindi nella specie per la parte del t.f.r. relativa al periodo in cui il lavoratore era stato dipendente della Fe.), nell’ipotesi di
espromissione liberatoria, quale quella configurabile nella specie, giusta la qualificazione già operata dal giudice di primo grado e rispondente alle previsioni del codice civile.
A questo punto l’INPS ha ricorso in Cassazione e sia il lavoratore intimato e la s.p.a. non hanno svolto alcuna difesa.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione il ricorso non è fondato. La Corte, in proposito, ha richiamato la direttiva Cee 20 ottobre 1980, n. 80/987, che prevede che la direttiva stessa si applichi ai
“diritti” dei lavoratori dipendenti dai datori di lavoro “in stato di insolvenza” (articolo 1) – assoggettati, cioè, a “procedimento (…….) che riguarda il patrimonio del datore di
lavoro ed è volto a soddisfare collettivamente i creditori di quest’ultimo” (articolo 2) – e stabilisce che “gli stati membri adottano le misure necessarie affinchè gli organismi
di garanzia assicurino (…..) il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, (……) relativi alla retribuzione (….) degli ultimi tre mesi del contratto di lavoro o del
rapporto di lavoro, nell’ambito di un periodo di sei mesi (….) ” (articoli 3 e 4).
Ne risulta, quindi, stabilito che l’applicazione della direttiva sia subordinata alla soggezione del datore di lavoro a fallimento oppure ad altra procedura concorsuale, con analoga
finalità liquidatoria del patrimonio del debitore .
Per la Cassazione, quindi, il Fondo di garanzia deve sostituirsi al datore di lavoro – inadempiente per insolvenza, appunto – nel pagamento del TFR

Suprema Corte di Cassazione, sezione Lavoro Civile, sentenza n. 19702 del 24 settembre 2007
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