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Il caro vita “affama” il vino e per i produttori italiani la sfida si fa glocal

By Redazione

L’allarme è suonato: il mercato del vino in Italia rischia una brusca contrazione dopo essere già sceso da due anni sotto la soglia dei 49 litri pro-capite, il fattore di maggiore
disincentivo al consumo è la ridotta capacità di acquisto degli italiani che si orientano sempre di più sulle produzioni locali.

Per le cantine diventa decisivo stringere un patto fiduciario con i consumatori, attuare strategie glocal e contenere i prezzi. Esattamente quanto metterà a fuoco da oggi il Salone del
Vino di Torino (26-29 ottobre) dove, attraverso il Forum degli autoctoni, le giornate dell’enoappassionato (sabato 27 e domenica 28) e la presentazione della guida “Il Vino Quotidiano” di Slow
Food (sabato 27 ottobre), si rilancia l’attenzione sui vini di territorio e si stringe un patto produttore-consumatore nel rispetto del miglior rapporto qualità-prezzo, a fronte di un
mercato interno del vino che sta rapidamente e radicalmente cambiando.

Si allarga la platea degli astemi (secondo l’Istituto superiore di sanità sono circa il 45% della popolazione al di sopra degli 11 anni, aumentati dell’1% dal 2005 al 2007, anche se su
questo dato pesano i fattori culturali derivanti dall’immigrazione), ma soprattutto si contrae la spesa per l’acquisto del nettare di Bacco. Lo ha rivelato la Coldiretti, che ha condotto uno
studio in collaborazione con la Swg sulla spesa degli italiani dopo i recenti rincari dei prezzi alimentari. La spesa per l’alimentazione è il secondo capitolo, dopo la casa, per
importanza nelle uscite delle nostre famiglie, che spendono in media 467 euro al mese. Il taglio più netto è quello per il vino: il 7,9% in meno in quantità e il 3% in meno
in valore. E’ un dato che mette d’accordo anche l’Ismea e AcNielsen. Ma ciò che più conta è il sentiment dei consumatori, che dichiarano nel 29% dei casi di volersi
rifornire direttamente dal produttore per cercare di arginare il carovita.

Dunque è in vista una possibile rivoluzione nello stile di consumo del vino in Italia? Ce ne sono tutti i segnali e il fenomeno potrebbe essere accelerato dai previsti rincari dei prezzi
all’origine del vino dopo la vendemmia scarsa di quest’anno. Molti indici parlano infatti di un possibile rincaro nell’ordine del 7-10% dei prezzi all’origine, che nel 2006 sono stati
così fotografati: per i vini Doc 3,7 euro, per vini da tavola 1,6 euro, per gli sfusi 1,3 euro, per gli spumanti 6 euro. Si tratta ovviamente di prezzi medi. Ma la dinamica del mercato,
a causa della ridotta capacità di acquisto degli italiani, potrebbe vedere nuove tendenze affacciarsi, come il ritorno al “vino del contadino”, che è stato il più
penalizzato nel corso degli ultimi cinque anni. Nel 2006 gli italiani – riferendoci agli acquisti fatti nella grande distribuzione che coprono all’incirca il 40% della commercializzazione della
produzione italiana – hanno infatti scelto nel 39% dei casi i vini a denominazione, nel 40% dei casi i vini da tavola, nel 13% gli spumanti e solo nell’8% dei casi lo sfuso. E tuttavia la
tendenza che oggi si affaccia è quella del ritorno all’acquisto diretto e sui mercati locali. E’ un sentiment che percorre anche gli enoappassionati, cioè coloro i quali
attribuiscono al vino non solo un valore alimentare, che secondo le stime sempre di AcNielsen rappresentano all’incirca il 35% dei consumatori di vino in Italia. Sono coloro i quali alla
domanda “che cosa rappresenta il vino” esprimono tutti valori immateriali: solo il 9% di questo panel infatti dice che il vino è una bevanda, mentre per oltre il 55% è cultura e
per il 19% è tradizione. Significativo che il 13% attribuisca al vino il significato di amicizia e allegria, il che colloca il consumo di vino in una dimensione ludica. Gli
enoappassionati consumano solo vino in bottiglia (quasi il 92%) e appena il 6,6% si affida allo sfuso, anche se monitorando le abitudini di consumo si scopre che il “vino del contadino”
può diventare anche per questa categoria di consumatori esperti la vera alternativa per portare il nettare di Bacco in tavola ogni giorno. Sul fronte dei prezzi ci sono infatti grosse
differenze a seconda del momento e della fruizione del vino. Per il vino da bere a casa (e il 69,45% del campione è lì che consuma il vino, il 15,2% al ristorante, il 6,2% da
amici e il 6,5% al wine bar) la stragrande maggioranza (68,8%) non è disposta a spendere più di 6 euro, con una forte prevalenza di chi si colloca nella fascia fino a 4 euro
(38%). Appena il 5,8% del campione è disposto a spendere più di 10 euro. Al ristorante il 67% non è disposto a spendere più di 20 euro (il 17% fino a 25 e solo il
16,3% compra bottiglie al di sopra dei 25) con un 10,7% che non accetta di pagare più di 10 euro. Paradossalmente è il vino da bere con gli amici (ma ricordiamo che questo evento
copre poco più del 6,5% delle occasioni d’incontro con il vino) quello per il quale si è disposti a spendere di più. La maggioranza relativa (28%) spende da 11 a 15 euro,
ma chi è disposto a pagare oltre 20 euro è il 20%.

Dunque come si vede il mercato del vino in Italia si sta polarizzando: da una parte i consumatori abituali che tendono a pagare poco e a tagliare quanto più possibile sui prezzi,
dall’altra i cultori del vino che sono disposti a pagare anche di più ma solo in determinate occasioni. Ciò fa dire che sta sparendo il “ceto medio del vino” e che si sta
affermando prepotentemente la tendenza ad acquistare direttamente dai produttori. Questo riguarda, almeno nelle intenzioni espresse, il 29% di tutti i consumatori e un terzo dei consumatori
esperti.

A fronte di questa geografia del consumo che cambia per le cantine italiane si pone dunque una sfida glocal. Devono infatti agire contemporaneamente nel mercato globale puntando alle fasce alte
di consumo e alla propensione all’incremento di consumi che si registra a livello mondiale, ma devono anche curare direttamente il mercato interno dove il fattore prezzi si fa sempre più
decisivo. A dimostrazione di questo c’è anche l’atteggiamento nuovo dei consumatori, per i quali il prezzo è passato dall’essere un fattore decisivo per l’acquisto dal 5 al 20%
dei casi e una certa rivoluzione nella scelta del vino. Il produttore conta per il 20% degli acquirenti, ma anche gli italiani, almeno nelle scelte quotidiane, si fanno guidare più dai
varietali (il tipo di vino e le uve sono fattori di decisione nell’acquisto al supermercato nel 55,8% dei casi) che non dalla zona di produzione (16% delle decisioni di acquisto sono orientate
nella Gdo da questo fattore). Questo diverso atteggiamento rende più permeabile il mercato interno da parte dei produttori del Nuovo mondo.

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