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Giornata della Memoria, lettera di Prodi

By Redazione

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, in occasione della «Giornata della memoria», che si celebra domani, ha inviato una lettera al Presidente dell’Unione delle
Comunità ebraiche in Italia, Renzo Gattegna.

Nella missiva in ricordo della Shoah si legge, tra l’altro:

«nel 63° anniversario della apertura dei cancelli di Auschwitz celebriamo, commossi, il Giorno della Memoria, mantenendo sempre nel cuore una profondissima angoscia per quel terribile
scenario di morte e annientamento umano, costruito con la finalità di un tragico sterminio razziale. Anche il nostro regime fascista si rese responsabile di una parte di quella tragedia,
emanando leggi razziali e procedendo ad epurazioni di massa, che colpirono fino alla morte tante persone e giovani innocenti.

La nostra Repubblica democratica, che festeggia quest’anno i 60 anni della propria Carta costituzionale, offre a noi tutti la libertà indispensabile perché l’uomo possa sentirsi
partecipe di una collettività civile e solidale, che rifiuta anche il solo pensiero di soluzioni così sconvolgenti, come quelle attuate nei campi di concentramento e di
sterminio» [?]

«La democrazia, però, non vive da sola e neppure vive per sempre, se non è corroborata e riaffermata, ogni giorno, con la maggiore forza possibile».

Il Presidente Prodi prosegue formulando l’auspicio che:

«?mai più si abbia a verificare che lo status personale o una manifestazione del pensiero possano essere additati a fattore di crimine, fino a produrre conseguenze tanto devastanti
quanto quelle realizzate con la costruzione di campi di sterminio e l’internamento, in essi, di milioni di persone, condotte in maggior parte all’estremo sacrificio. [?] «Riteniamo che
coloro che vogliono oggi ridurre la valenza della tragedia accaduta si rendano novelli aguzzini e complici postumi dei carnefici di allora».

Ricordando le vittime ed i sopravvissuti dei Campi di sterminio, il Presidente del Consiglio conclude affermando:

«?.Si può dire che, nei loro confronti, anche chi non ha colpa, deve sentirsi debitore di solidarietà»..

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