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Flop storico per le semine Ogm in Europa

Flop storico per le semine Ogm in Europa

By Redazione

Il drastico crollo del 12 per cento nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa nel 2009 rappresenta una storica inversione di tendenza a conferma che nel
coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica, anche nei Paesi dove è ammesso. Lo ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare
che dall’analisi del rapporto annuale 2009 dell’ “International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications” (ISAAA) emerge che la superficie ogm in Europa nel 2009 per la prima
volta si è drasticamente ridotta da 107719 ettari a 94750 ettari.

Contemporaneamente al flop nelle semine, dopo il divieto posto anche in Germania nell’aprile 2009, si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove – sottolinea la Coldiretti –
è possibile coltivare il mais BT geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio Continente. Le sei nazioni  che hanno coltivato mais BT in ordine di grandezza della superficie
coltivata sono Spagna (80 per cento del totale), Repubblica Ceca, Portogallo, Romania, Polonia e Slovacchia. Cali si sono verificati in Spagna (-4 per cento), in Repubblica Ceca, Romania
 e Slovacchia, la Polonia – precisa la Coldiretti – ha mantenuto la stessa superficie coltivata, mentre solo per il Portogallo è aumentata.

Il fatto che, anche dove è possibile la coltivazione, gli agricoltori riducano le semine è la concreta dimostrazione che – sostiene il presidente della Coldiretti – per gli ogm
attualmente in commercio non c’è quella miracolosa convenienza economica che le multinazionali e i loro “tifosi” propagandano. Tutt’altro, a dodici anni dalla loro introduzione in Europa,
le coltivazioni biotech sono già in calo e rappresentano molto meno dell’uno per cento del totale perché, di fatto, non sono riuscite a trovare un mercato, vista la persistente
contrarietà dei consumatori ad acquistare prodotti geneticamente modificati.

Una contrarietà giustificata – continua la Coldiretti – dai crescenti dubbi sul piano sanitario e ambientale che nel corso del 2009 hanno portato il governo tedesco a vietare il mais Mon
810 (che alcuni vorrebbero seminare in Italia) a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline,
con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non.

Una tendenza che dà valore alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un agricoltura libera da ogm grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti
ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto. Sulla base dei risultati
dell’ultima indagine annuale Coldiretti-Swg “Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti
alimentari contenenti organismi geneticamente Modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

In questo contesto – sostiene Marini – è significativa la posizione espressa dal presidente della Commissione Europea Jose Manuel Durao Barroso che ”non vuole imporre la coltura degli ogm
in Europa” e lasciare liberi gli Stati membri di decidere se desiderano coltivare o no ogm sul loro territorio, aprendo così la possibilità di invocare la clausola di salvaguardia,
strada già percorsa da altri paesi.

Il modello produttivo cui è orientato l’impiego ogm è il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione, che è il vero
nemico dell’agroalimentare italiano e per questo siamo contrari. In Italia, per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare
le contaminazioni e sarebbe violata – conclude Marini – la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm.
Chiediamo, invece,  con decisione una etichettatura chiara che permetta di sapere se il cibo che mangiamo  contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente
modificati.

Coldiretti.it
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