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Farina di frumento resa Gluten Free – Articolo tecnico-scientifico by Marco di Lorenzi

Farina di frumento resa Gluten Free – Articolo tecnico-scientifico by Marco di Lorenzi

By Giuseppe

Marco Di LorenziMarco Di Lorenzi – Chef docente di cucina “Quando la passione diventa arte, ogni piatto è un capolavoro”

UTILIZZO DI FARINA DI FRUMENTO RESA GLUTEN – FREE CON PROTEASI FUNGINE E BATTERI LATTICI SELEZIONATI PER LA PRODUZIONE DI PASTA

Celiachia

La celiachia è una malattia autoimmune classificata come disordine gastrointestinale cronico, che si verifica in individui di tutte le età geneticamente predisposti. Spesso i sintomi si presentano contemporaneamente allo svezzamento e provocano: diarrea cronica, ritardo della crescita nei bambini, e stanchezza.
Essa è scatenata dall’ingestione di glutine che nei celiaci causa danneggiamento della mucosa intestinale attraverso un meccanismo autoimmune. Si ritiene che la malattia interessi l’1 % della popolazione americana ed europea, ed è in continuo aumento.
Negli ultimi decenni, la tecnologia degli alimenti a base di cereali è cambiata modificando le abitudini alimentari dell’intera popolazione globale esponendola a maggiori quantità di glutine. Il glutine è una sostanza lipoproteica che si origina dall’idratazione di due tipi di proteine: la gliadina e la glutenina presenti principalmente nell’endosperma delle cariosside di cereali quali frumento, farro, segale e orzo. E’ un complesso proteico piuttosto singolare parzialmente resistente all’azione di enzimi digestivi durante il transito gastrointestinale e a modificazioni post-traslazionali di deamidazione ad opera delle transglutaminasi della mucosa. Le proteine del glutine sono fondamentali per l’ottenimento finale della pasta: infatti, queste proteine hanno proprietà viscoelastiche che permettono la formazione di un forte reticolo che consente l’estrusione dell’impasto e la resa finale. Tuttavia la sostituzione della maglia glutinica attualmente è una delle sfide maggiori nelle tecnologie alimentari. Nella dieta gluten free tutti i cereali contenenti il glutine come il frumento, il farro, l’avena, la segale, la spelta, l’orzo, il kamut, il triticale, il bulgur e il cous-cous, vengono sostituiti da cereali come riso, mais, grano saraceno, amaranto e miglio che invece non lo contengono.
La pasta è uno degli alimenti più consumati al mondo, è per questo che al giorno d’oggi i tecnologi hanno preso in considerazione numerosi differenti approcci incluso l’uso di farine diverse come appunto quella di riso e mais, oppure amidi, derivati lattiero-caseari, gomme, idrocolloidi e varie combinazioni. E’ stato dimostrato che l’utilizzo di un pool di batteri lattici in combinazione con due proteasi fungine può ridurre la quantità residua di glutine in farine di frumento.  La produzione di farina di frumento detossificata per la produzione di pasta ha incluso l’utilizzo di farina pregelatinizzata di riso e un processo di essiccazione a basse temperature: questa pasta viene chiamata pasta gluten free sperimentale (pGF – S). Al 2012 la dieta senza glutine è l’unica terapia efficace. La dieta priva di glutine deve essere molto rigorosa poiché bastano minime quantità per impedire il miglioramento: inoltre deve essere seguita scrupolosamente per tutta la vita. La problematica è il glutine, che è fondamentale (insieme all’amido) per la determinazione della tenuta degli impasti o della strutturazione durante la preparazione di prodotti quali la pasta o il pane. Una pasta a base di cereali che non contengono glutine non tiene la cottura, poco compatta e deformabile velocemente. Il pane preparato con queste farine non lievita bene: l’impasto cresce stentatamente e durante la cottura si sgonfia.  La prima alternativa è l’aggiunta di alcuni addensanti (ad esempio, derivati dalle alghe e fecola di patate) o frazioni proteiche diverse dal glutine (derivate dalla soia, dall’uovo o dal latte): l’esito è però quello di ottenere prodotti con proprietà sensoriali (gusto e consistenza) spesso scadenti. La seconda alternativa (quella più compatibile con la qualità e l’immagine del prodotto, spesso adottata nelle preparazione per i celiaci) è il ricorso a un preventivo trattamento di pregelatinizzazione dell’amido contenuto in queste farine. La pregelalinizzazione è una tecnica fisica, quindi non prevede aggiunta di altri componenti, che modifica le proprietà dell’amido ed è basata sulla cottura e il successivo essiccamento di una sospensione acquosa di amido nativo, ovvero di farina “grezza”. Gli amidi pregelatinizzati manifestano l’importante proprietà funzionale di adsorbire una elevata quantità di acqua, così che sono impiegati come inspessenti e addensanti in molte formulazioni alimentari, soprattutto quando (ed è questo il caso delle farine di riso o di mais) non è presente la frazione proteica del glutine.  La cottura-estrusione, ovvero un breve trattamento ad alte temperature e pressioni, e l’essiccamento su cilindri sono il metodo più comune per ottenere la pregelatinizzazione.  I prodotti a base di amido pregelatinizzato, fra l’altro, manifestano buone caratteristiche di conservabilità per il fatto che l’acqua in essi contenuta è fortemente strutturata e imprigionata nella matrice di amido pregelificato, diventando non più disponibile per le reazioni degradative, mentre nel contempo il trattamento termico ha eliminato alcune attività enzimatiche (lipasi e lipossigenasi) che spesso, nelle farine “grezze” e nei prodotti derivati, favoriscono fenomeni di irrancidimento ossidativo.

Metodi di sperimentazione
In questo studio sono stati utilizzati dei batteri lattici come: Lactobacillus sanfranciscensis, Lactobacillus alimtarius, Lactbacillus brevis e Lactobacillus hilgardii. Essi sono stati propagati per 24 h a 30°C in MRS, dove è stato aggiunto un estratto di lievito fresco (circa il 5%) e maltosio 28 mM ad un pH finale di 5.6. Le cellule impiegate per la fermentazione sono state coltivate fino al raggiungimento della fase esponenziale di circa 12 h. Le proteasi fungine sono la E1 e E2 ottenute dall’Aspergillus oryzae e Aspergillus niger, esse sono state usate da routine nell’industria dei lievitati da forno.

La farina di frumento che è stata resa GF aveva queste caratteristiche: umidità 10.2%; proteine 11,1%; grassi 1,8%; ceneri 0,6% carboidrati 76,5%. Essa è stata miscelata ad enzimi E1 e E2 ed un acqua contenente circa 109 ufc/gr di tutti i batteri lattici selezionati. L’impasto semiliquido ha un rendimento uguale a 500, successivamente è stato incubato a 30°C per 48 h in agitazione. Finita la fermentazione, l’impasto sarà essiccato tramite spray-drying e poi rimacinato in modo da ottenere uno sfarinato che potrà essere utilizzato per produrre la pasta. Le frazioni proteiche per le analisi sono state estratte con il metodo Weiss. Ora bisogna eseguire le analisi immunologiche per la determinazione del glutine utilizzando il saggio ELISA con l’anticorpo R5. Per l’ELISA sandwich si è utilizzato il kit Transia plate in Svezia, mentre per l’ELISA competitiva è stata effettuata presso il Centro National de Biotecnologia a Madrid. La pGF – S è prodotta presso la Giuliani S.p.a a Milano utilizzando un impasto pilota Storici V70.

L’umidità ottimale dell’impasto è rilevata mediante prove preliminari sulla struttura della pasta e la sua tenuta al momento della cottura. La ricetta finale è composta da: farina pregelatinizzata di riso (34,5%); farina di frumento resa GF (34,5%) e acqua (31%).  La farina pregelatinizzata di riso possedeva: umidità 12,2%; proteine 6,5%; grassi 0,7%; ceneri 0,5%; e i carboidrati 76,2%. Tutti questi ingredienti sono stati impastati per 2 minuti e poi l’impasto è stato lasciato a riposare 8 minuti per l’idratazione, protratto per 2 minuti e estruso attraverso una trafila in teflon a 21 fori, essa aveva le dimensioni di 18,0×16,0x2,0 mm. Un coltello attraverso un movimento rotativo tagli la pasta formando dei piccoli maccheroni. L’essiccazione della pasta GF sperimentale è stata effettuata ponendo la pasta su dei telai che potevano reggere fino a 1,5 kg per telaio, dove è stata trattata per un ciclo di 450 min.

Alla fine la pasta è stata confezionata in buste di plastica e divisa in: due campioni di pasta di frumento duro commerciale (pFD – C), uno pasta gluten free commerciale (pGF – C) ottenuto da farine di riso e mais, mono e digliceridi usati come emulsionanti e uno di frumento duro, che poi verranno utilizzati come controlli. Il test d’idratazione è stato effettuato mettendo 5 gr di pasta in un beker contenente 100 ml di acqua che a sua volta tenuto a 25°C. Dopo 180 minuti di incubazione i campioni sono asciugati con carta assorbente e poi pesati. I risultati sono espressi come ((W1 – W0) / W0)*100. Con W1 si esprime il peso del campione idrato e con W0 il peso del campione in partenza. Il tempo di cottura è calcolato con il metodo Schoenlecher. 23 gr di pasta sono posizionati in un beker che può contenere fino a 300 ml di acqua in ebollizione, senza l’aggiunta di sale. All’intervallo di 1 minuto i maccheroni sono stati prelevati e pressati tra due piastre in vetro. L’ OCT, cioè il tempo di cottura ottimale, è indicata in corrispondenza della scomparsa della parte interna di colore bianco. La perdita di solidi nell’acqua di cottura è stata calcolata con il metodo D’Egidio. Vengono prese delle aliquote di 30 gr di pasta che dopo essere state cotte in 300 ml di acqua per il tempo che corrisponde a OCT. Il volume di acqua è stata riportata al volume iniziale e la perdita di peso calcolata su 25 ml di acqua di cottura liofilizzati, il peso (del liofilo) è stato rapportato a 100 gr di pasta. L’incremento di peso è calcolata tramite una pesata della pasta a termine della cottura ed espressa in percentuale. L’acidità titolabile, indicata come TTA, è determinata su 10 gr di campione. Il campione è stato selezionato per: umidità, ceneri, grassi, fibra alimentare totale, zuccheri (glucosio, fruttosio, saccarosio e maltosio) e acidi grassi (saturi, mono- e poli- insaturi), in accordo con i metodi 44-16; 08-01; 30-10; 32-05; 80-04,01 e infine 58-19,01 della American Association of Cereal Chemists (AACC). Questo campione viene omogeneizzato in 90 ml di acqua distillata e espressa come ml di NaOH 0,1 M che sono necessari a portare il pH a 8,3. L’azoto totale è determinato con il metodo AOAC 920,87. Successivamente i carboidrati totali sono calcolati per differenza

[100 – (N*6,25) + lipidi + ceneri + umidità]

L’amido totale è stato determinato enzimaticamente con il kit Total Starch Assay, inoltre l’apporto calorico è stato calcolato con il metodo USDA.
Nella pasta cotta al tempo OCT le proteine sono estratte secondo il metodo di Rizzello, la concentrazione nel surnatante è determinata con il metodo di Bradford. L’estratto proteico, trattato a 100°C per 5 minuti, è stato analizzato mediante SDS – PAGE. La solubilità delle proteine è determinata con il metodo di Iametti, considerando diversi gradi di denaturazione (tampone fosfato di 50 mM,NaCl 0,1 e pH 7 con l’ aggiunta di urea e DTT.

Analisi al microscopio

Nella pasta cotta è possibile notare attraverso il microscopio delle differenze microstrutturali. Nella pFD – C la rete proteica è visibilmente intatta con i granuli intrappolati su di essa; mentre nella pGF – S è presente una rete proteica degradata, con frazioni disorganizzate dovute alla presenza di farina di riso. Un’ altra differenza importante come abbiamo detto nella pFD l’amido è in granuli leggermente gelatinizzati mentre entrambi i casi della pGF sono apparsi gelatinizzati e deformati con l’amilosio disgregato.

Struttura e colore

Come possiamo osservare dalla tabella i valori di hardness (durezza) sono più elevati nella pFD – C seguito dalla pasta pGF – S e infine da quella pGF – C. I valori  di gumminess e chewiness corrispondenti alla forza necessaria per la triturazione ed alla masticazione sono risultati anch’essi più elevati nella p FD- C, inoltre la luminosità è risultata più elevata nella pGF – C.

pGF – C                            pFD – C

Caratteristiche nutrizionali

Le pGF sia sperimentali che commerciali risultano più elastiche perché sono formate da una maggiore quantità di fibra rispetto a quelle di frumento normali, è un tipo di pasta molto digeribile data l’assenza di glutine. L’industria si è vista disposta ad immettere sul mercato una pasta che presenta caratteristiche sensoriali, chimiche e nutrizionali simili a quelle della pasta convenzionale. Questa tipologia di pasta viene definita “non convenzionale” poiché per definizione la pasta è ottenuta da macinazione di frumento duro. La realizzazione di questa tipologia di pasta ha riscontrato numerose difficoltà, prima di tutte è stata quella di trovare degli ingredienti che conferissero al prodotto finale delle caratteristiche organolettiche similari a quelle della pasta normale. Caratteristica fondamentale della pGF è l’assenza del reticolo proteico; sostituito con un’ “impalcatura alternativa” che ha determinato lo sviluppo di numerosi studi e prove. L’impalcatura alternativa o sostitutiva ha la stessa funzione che viene svolta dal reticolo proteico nella pasta contenente glutine.

Analisi sensoriali

Le analisi sensoriali sono state eseguite su due tipologie di pasta: pGF – S e pGF – C effettuate sfruttando un gruppo ristretto di popolazione affetta da Celiachia, formato da 10 persone: di cui 5 uomini e 5 donne con una età media di 35 anni (linee guida n° 13299 dell’ISO). Ai test sono stati forniti dei campioni casuali, in due repliche ciascuno, per ogni attributo evidenziato doveva essere assegnato un punteggio da 1 a 10.
Le maggiori differenze sono state riscontrare a livello della texture, della fibrosità e del mantenimento della forma dopo la cottura.
Dall’analisi sensoriale eseguita è risultato che la pGF – S presenta un profilo sensoriale caratterizzato dalla presenza di mais e crusca, come anche la presenza di sapori inusuali, risultando più gradevole al panel test.
La pGF presa in esame durante quest’analisi sensoriale è stata realizzata miscelando farina di frumento (pre-idrolizzata durante la fermentazione con lievito naturale) e farina di riso pre-gelatinizzata, la maggior difficoltà riscontrata durante questa preparazione è stata la sostituzione del reticolo proteico, poiché è stata fondamentale la ricerca di ingredienti che presentassero le caratteristiche visco-elastiche della proteina glutine. L’utilizzo di ingredienti che si comportano in maniera analoga al frumento duro permettono l’impiego delle stesse tecnologie di produzione.
E’ inoltre risultato che la pGF – S è caratterizzata da una veloce reidratazione, capacità di assorbire acqua, può essere più o meno veloce, questa caratteristica permette la formazione di strutture micro e macro, correlate anche al grado di porosità. La capacità di riassorbire acqua velocemente nella pGF – S è legata alla presenza di molecole idrofili che (affini all’acqua) come amminoacidi liberi, piccoli peptidi e fibre.
La mancanza del reticolo proteico ha inciso notevolmente sul tempo di cottura, prolungandolo. Il confronto sulle caratteristiche strutturali della pGF – S e pGF – C è risultato piuttosto similare.
La pGF – S è risultata essere maggiormente ricca di EAA (amminoacidi essenziali) e presenta inoltre un elevato BV (valore biologico).

Le caratteristiche tecnologiche

Riguardo alle caratteristiche tecnologiche, la capacità di assorbimento dell’acqua è determinata con lo scopo di avere delle informazioni utili sulla struttura della pasta. Sia la pasta pGF – S che la pGF – C hanno avuto un rapido assorbimento durante i primi 10 minuti, avevano lo stesso valore di idratazione alla fine dell’incubazione a 25°C, cioè circa il 150% del peso iniziale. La pGF – C ha avuto un più lento assorbimento di acqua nel tempo e un più basso valore finale. La OCT, cioè il tempo ottimale di cottura per la pGF – S è di 5 minuti, invece per i campioni della pGF – C si ha un OCT di 9 minuti. Alla fine della cottura un valore più elevato si è riscontrato per la pGF – S, perchè ha avuto delle alte perdite in cottura; il contenuto di solidi è stato pari a 7.4 rispetto alla pGF –C di 3.0 e della pFD – C di 4.5.

Le caratteristiche chimiche

Il pH della pGF – S era più basso rispetto ai controlli, in contemporanea il valore di TTA è più elevato, i valori di: Kcal, lipidi e amido sono invece sono inferiori; la concentrazione di carboidrati totali e fibra sono simili alla pFD – C.
La pGF – C aveva il maggior contenuto di lipidi e carboidrati e minore riguardo alle fibre e alle  ceneri.  La concentrazione di polinsaturi è più  concentrata nella pGF – C, mentre il saccarosio è stato riscontrato solo nei controlli.

Nella seguente immagine è riportato il risultato delle analisi SDS – PAGE  delle proteine totali estratti dalla pasta cotta.
Dalla corsia 1 e 3 si possono notare come gli aggregati proteici non sono stati in grado di attraversare lo strato di poliacrilamide. La pasta pFD – C ha mostrato un maggior numero di bande proteiche.
Nelle paste GF non sono state riscontrate delle bande nell’intervallo 30 – 50 kDa e  caratterizzate da una massa superiore a 65 kDa, in particolare la pGF – S è caratterizzata dal un minor numero di polipeptidi.

Nella seguente figura invece si mostrano le quantità di proteine solubilizzate in diversi tamponi di estrazione; ciò permette l’identificazione dei cambiamenti indotti dai processi tecnologici e fermentativi.  Nel caso del tampone fosfato la
solubilità è risultata bassa cioè < 5 mg/g di pasta, ciò dimostra la presenza di fenomeni aggregativi.
Per aumentare la solubilità proteica, in particolare nella pFD – C si è aggiunta l’urea. Questo incrementa la presenza di interazioni idrofobiche. Un altro
sviluppo è stato riscontrato con l’aggiunta dell’agente riducente DTT che è in grado di evidenziare l’importanza delle interazioni idrofobiche e dei legami di solfuro per la stabilità degli aggregati proteici insolubili. Non c’è stata differenza tra la pGF – S e la pFD- C. La maggior solubilità proteica in tampone contenente sia urea che DTT si è riscontrata per il tampone pGF – C.

La produzione della pasta pGF – S rappresenta un’opportunità per l’espansione dell’offerta di alimenti GF, puntando sull’elevata qualità nutrizionale e sensoriale.

 

Marco Di Lorenzi – Chef docente di cucina
in esclusiva per Newsfood.com
www.marcodilorenzi.it

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