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E’ nel randagismo il futuro dei veterinari?

E’ nel randagismo il futuro dei veterinari?

By Redazione

Il 10 luglio hanno compiuto 100 anni gli Ordini delle Professioni Sanitarie, istituite con la Legge n. 455 datata appunto 10 luglio 1910. Sabato la Federazione degli Ordini dei veterinari ha
celebrato il centenario della costituzione assieme con quella dei medici-chirurghi e dei farmacisti. Il giorno prima invece, con una sessione del Consiglio Nazionale dedicata al randagismo. Da
programma, tra i relatori i nomi di Francesca Martini e Carla Bernasconi; tra gli interventi programmati quelli di Federico Coccia, Gianluca Felicetti e Carla Rocchi (come potevano
mancare?!…).

Su 30giorni (il mensile del medico veterinario) era gia’ stata pubblicata una “Formula augurale all’indirizzo degli Ordini veterinari italiani” di Francesca Martini, nella quale il
sottosegretario evidenziava la figura del veterinario “che, negli ultimi anni, ha assunto con competenza e responsabilita’ il compito etico di tutela del benessere degli animali e di promozione
della corretta relazione uomo-animale.” Lodava pertanto “le numerose iniziative intraprese dall’Ordine (…) per rinnovarsi dinanzi alle nuove sfide cui e’ chiamata a confrontarsi una professione
veterinaria che voglia dirsi efficace ed al passo coi tempi” e citava quali sfide da supportare con la formazione continua, la “modernizzazione della veterinaria, la lotta alle nuove emergenze
sanitarie, la complessita’ della filiera zootecnica, la lotta al randagismo e la tutela del benessere animale”.

ANMVI, gia’ venerdi’, sottolineava in un articolo che “il tema del randagismo (…) e’ certamente cruciale per l’evoluzione del rapporto uomo-animale nel secondo secolo di vita delle istituzioni
veterinarie”. Ce n’e’ a sufficienza per supporre che qualcuno veda nel randagismo il futuro della professione veterinaria. Se tale supposizione fosse fondata, come lo e’ gia’ per associazioni che
esistono unicamente perche’ esiste il cane randagio, come si potrebbe mai pensare che ci sia effettivamente la volonta’ di cancellare il fenomeno? Aldila’ dei proclami sui numeri del randagismo
che vengono sempre piu’ spesso diffusi dai media, sul sito del Ministero della Salute i dati che fanno riferimento all’anno 2007 parlano di 92.882 ingressi di cani nei canili sanitari, quelli
della Commissione XII sulla ripartizione 2008 delle disponibilita’ del fondo istituito con la legge 281/9, di 86.669 ingressi, nella ripartizione 2009 di 105.969.

I dati ci dicono anche che per il fondo sono stati destinati complessivamente 4.871.525 euro nel 2008 e 3.801.681 euro nel 2009. E questi sono solo i soldi destinati dallo Stato; ci sono poi
quelli destinati dalle varie amministrazioni locali. Gia’ nel 2005 l’associazione ANTA scriveva: “Dopo l’entrata in vigore della Legge quadro la 281/91, sui cani si e’ determinato un valore
aggiunto, soprattutto monetario, visto che quello affettivo pur limitato era gia’ presente; da quel momento e ferma restando la continua nascita dei cani, accidentali e non voluti, si e’ visto un
incremento esponenziale di canili, per lo piu’ privati, che “casualmente” ha visto anche l’incremento dei cani randagi ma, in questo caso, voluto ed organizzato”.

Che sia “voluto ed organizzato” questo non si sa, ma che ci sia e’ indubbio! E la denegata ipotesi che qualcuno possa pensare di predisporre su questo fenomeno apposite figure professionali non
solo fa presupporre che manchi la volonta’ di estinguere la “fonte di lavoro”, ma fa temere che tutto cio’ vada per l’ennesima volta a discapito dei cittadini e soprattutto delle categorie piu’
deboli. Ricordiamo la polemica scatenatasi a fine 2009 sul canile di Ventimiglia, gestito anche quello da un’associazione animalista. Il sindaco Gaetano Scullino era arrivato amaramente a
constatare che quanto pagava al giorno per un cane fosse superiore a quanto pagava al giorno per un bambino del Nido e che per pagare alcune spese arretrate, avrebbe dovuto stornare la cifra dai
servizi sociali.

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