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Cibo ed Eurobarometro: in Italia prodotti scaduti, al Nord meno spreco

Cibo ed Eurobarometro: in Italia prodotti scaduti, al Nord meno spreco

By Redazione

Una panoramica sul cibo: modi, tempi e quantità, nell’Unione Europea.

Questo il risultato dell’ultimo Eurobarometro, il sondaggio a cura della Commissione. Gli esperti UE hanno intervistati 25.500
persone (più di 1000 italiani), sottoponendoli a domande sull’alimentazione. Tra i quesiti, spicca l’ultimo, cioè “E’ sicuro di consumare prodotti alimentari oltre la data di
scadenza riportata sulla confezione?”.

In base alla risposta, gli europei rispettano le regole (51% di risposte positive), ma gli italiani no (solo il 27%). Oltre a loro, nella lista dei popoli spreconi i romeni (14% di si), i
bulgari (22%), gli ungheresi (26%). Tra i popoli che risparmiano, gli svedesi (81%), i finlandesi (75%), i francesi (74%), belgi ed olandesi (73%).

Di base, emerge allora un dato significativo: i Paesi europei dall’economia migliore sono quelli dove il cibo viene trattato con minore cura e sprecato di meno.

Secondo i sondaggisti di Bruxelles, la cosa è motivata da due grandi elementi: il clima e la maggiore educazione.

Riguardo al primo punto, un clima più freddo fa percepire il cibo più fresco ed intatto, spingendo a consumarlo anche se (da poco) scaduto. Riguardo all’educazione, una maggiore
scolarizzazione porta ad una gestione più razionale degli alimenti, riducendo la quantità che vengono sprecati.

Detto questo, anche in Italia è vivo il dibattito del consumo degli alimenti “Oltre la data di scadenza”. Al primo posto, il professor Andrea Segrè, preside della facoltà
di Agraria di Bologna.

Egli considera la data di scadenza “Poco più che artificio”, dichiarando di mangiare spaghetti (scaduti da 6 mesi), tonno (5 anni), yogurt (4 mesi). Meno intellettuale, ma più
corposa, l’attività di Segrè: il Last Minute Market, che recupera cibo in via di scadenza e dai
supermercati lo porta alla mensa dei poveri.

Per quanto interessante, il consumo di alimenti in scadenza è questione da gestire con cura.

A sostenerlo, dalle pagine del Banco Alimentare, la dottoressa Laura Toti, microbiologia del
Dipartimento di sicurezza alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità. Secondo la dottoressa Toti, “Se i cibi hanno una scadenza significa che c’è un motivo. Dopo la data
indicata sulle confezioni, si verificano alterazioni chimiche e microbiologiche che modificano le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto, e che a volte sono anche pericolose
per la salute. Inoltre, va tenuto ben presente che chi mangia alimenti scaduti lo fa a suo rischio e pericolo: se subisce dei danni non può avanzare rivendicazioni di nessun tipo,
perché la legge non lo tutela. Un po’ di margine, tuttavia, può esserci, ma non per tutti gli alimenti e, soprattutto, soltanto se i cibi sono conservati in condizioni ottimali”.

Allora, la grande distinzione è tra alimenti con scadenza perentoria (“da consumarsi entro…”) e quelle con scadenza suggerita (“da consumarsi preferibilmente entro…”); infatti,
“Mentre questi ultimi possono essere consumati anche per qualche tempo oltre la scadenza, sicuramente senza danni per la salute, i primi si deteriorano molto più rapidamente, con una
perdita molto netta delle qualità tipiche del prodotto, e anche con possibili conseguenze per la salute”.

Matteo Clerici

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